La paternità spirituale nei Padri del Deserto e nella Tradizione bizantina. (Scelta di testi)
Considera gli anni delle generazioni che furono…
Chiedi a tuo padre, ai tuoi anziani e te lo diranno (Deut. 32, 7)
Per prima cosa, è necessario chiarire che per il cristiano
ortodosso esiste un solo ed unico Maestro Spirituale che altro
non è se non lo Spirito Santo, il Consolatore, lo Spirito
di Verità, che il mondo non può ricevere in quanto
resta a lui invisibile ed inconoscibile. Tuttavia, a voi, diceva
il Signore ai suoi Apostoli e, per mezzo loro a tutti coloro che
crederanno in Lui, voi lo conoscerete poiché
dimorerà con voi e sarà in voi… Vi
insegnerà ogni cosa e vi ricorderà tutto ciò
che vi ho insegnato… Vi condurrà alla
verità… poiché non parlerà da se
stesso, ma riferirà tutto ciò che ha udito e vi
annuncerà le cose a venire…
Senza lo Spirito Santo, nessuno può ricevere
l’illuminazione spirituale, nessuno può contemplare
i misteri, nessuno può ricevere la grazia deificante,
niente potrà essere mutato e trasformato, nessuno
può insegnare, nessuno può essere Padre
Spirituale.
Il Signore ha tracciato la via regale della perfezione: “Se
vuoi essere perfetto, vai e vendi i tuoi beni, distribuiscili ai
poveri e avrai un tesoro nei cieli. Poi vieni e seguimi.” I
Padri del Deserto, questa schiera di uomini amanti di Dio, hanno
recepito l’appello del Signore, lasciando il mondo per
cercare la perfezione, la purificazione e l’unione con Dio,
nei “deserti e nelle montagne, nelle caverne e negli antri
della terra.” Essi hanno interpretato letteralmente i
comandamenti divini, li hanno vissuti e meditati notte e giorno.
Per dimostrare quanto fosse dura e difficile la lotta, i Padri
usavano questo detto: “Dai il tuo sangue e riceverai lo
Spirito”. Perciò sono divenuti Maestri e Padri
Spirituali, alimentando la stirpe dei Pneumatofori, degli
autentici pastori, poiché hanno raggiunto la
semplicità del cuore posseduta dai bambini ricordata nei
Vangeli.
“Beati i cuori puri… e tutti coloro che,
ininterrottamente, nelle profondità dell’animo,
meditano il Nome glorioso del Signore Gesù, scrivono i
Padri teofori Callisto ed Ignazio. Essi possono vedere la luce
dell’intelletto… e percorrere in Dio ciò che
resta della loro via mondana, camminando nella luce, in quanto
sono divenuti figli della Luce, come dice Gesù, datore
della Luce: “Finché avrete la Luce, credete nella
Luce per divenire figli della Luce”. Ed inoltre: “Io
sono la Luce del mondo, colui che mi segue non camminerà
nelle tenebre, ma possederà la Luce della vita.”
Ebbene, anche David grida a Dio la stessa cosa: “Nella tua
Luce vedremo la Luce”. Così il divino Paolo:
“Dio ha detto che la Luce brilla in seno alle tenebre, Lui
ha fatto risplendere il suo chiarore nei vostri cuori”. Per
mezzo di essa (la Luce), come per una lampada inestinguibile e
sempre splendente, i credenti sono guidati per raggiungere le
cose che sono al di là dei sensi; e ancora attraverso tale
Luce la porta celeste si apre a coloro che sono puri di cuore, la
via sublime che li rende uguali agli angeli. Allora, sorge da
loro, come dal disco solare, il dono di esaminare, di discernere,
di vedere, di prevedere e simili altri doni; in breve, a loro
sono manifestati e rivelati i misteri indicibili. Sono talmente
ripieni di spirito, di forza soprannaturale e divina che, polvere
divenuta sottile, si alzano e volano nello spazio.
Attraverso tale potenza illuminatrice nello Spirito Santo,
sebbene siano ancora in una condizione carnale, alcuni Padri,
simili ad incorporei ed immateriali, hanno guadato i fiumi, i
mari ed hanno camminato sulle acque a piedi asciutti, hanno
percorso in un baleno lunghe ed interminabili distanze, hanno
compiuto prodigi sia in terra che in cielo, sul sole, sul mare,
nel deserto, nelle città, in ogni luogo e paese, tra le
belve e i rettili, nella creazione tutta e in ogni
elemento… E, alla morte, i corpi venerabili portano il
carattere dell’incorruttibilità che manifesta la
grazia dimorante in loro… e dopo la Risurrezione
universale saranno elevati, per la potenza illuminatrice dello
Spirito, nel cielo ad incontrare il Signore, come dice
l’iniziato alle cose indicibili, il divino Paolo, e saranno
sempre con Lui. Allo stesso modo, David canta: “Signore,
nella Luce del tuo Volto cammineremo e nel tuo Nome gioiremo per
tutto il giorno”, ovvero per
l’eternità… A ciò, risponde la voce
maestosa di Isaia: “Ma coloro che confidano nel Signore
acquistano nuove forze, si alzano in volo…”
“Il Padre Spirituale, dice san Basilio il Grande, è
colui che non vive più nella carne, ma guidato dallo
Spirito di Dio, divenendo figlio di Dio, ad immagine del Figlio
di Dio. Un simile uomo può essere chiamato
spirituale”. Non basta, per essere un Padre spirituale
avere un carisma dello Spirito, ma avere la grazia in abbondanza,
come Eliseo la chiede a Elia suo Maestro: “Che ottenga, te
ne prego, una doppia razione del tuo spirito”. Bisogna aver
sanato e padroneggiato le proprie passioni, prima di illuminare
gli altri. In una parola, bisogna avere ereditato, prima di
distribuire. Bisogna essere l’uomo spirituale di cui parla
l’apostolo Paolo. Se infatti l’uomo carnale, che non
comprende affatto le cose dello spirito, commette, ad esempio,
l’ingiustizia, l’uomo psichico non la commette, ma
non desidera certo subirla; al contrario, l’uomo
spirituale, l’uomo perfetto, imitatore di Cristo, non solo
non commette alcuna ingiustizia ma la subisce rendendo grazie al
Signore, senza cercare alcuna vendetta.
Se interroghiamo i Padri del deserto su come deve essere il padre
spirituale, essi, al pari di Abba Poemen, risponderanno:
“Colui che istruisce un altro deve essere perfettamente
santo e privo di passioni. Non bisogna assolutamente costruire la
dimora del vicino lasciando in rovina la propria. Colui che
è maestro e non realizza niente di ciò che insegna,
è simile ad un pozzo che disseta e lava ciò che lo
circonda pur essendo colmo di ogni genere di
impurità”.
Abba Iperechio diceva che colui che insegna per mezzo delle opere
e non con le sole parole, è il vero sapiente. Un altro
padre paragona colui che insegna a parole a un albero che ha
soltanto foglie e nessun frutto.
San Nilo l’Asceta dice che “quelli che hanno un
carico di anime devono possedere una perfetta conoscenza, allo
scopo di dirigere con prudenza coloro che gli sono stati
affidati. Devono insegnare sapientemente ogni aspetto della lotta
e non contentarsi di indicare, con un gesto della mano, i segni
della vittoria, ma di dirigere, passo passo, il combattimento
contro l’avversario. Difatti, il combattimento spirituale
è assai più arduo di quello che coinvolge il corpo.
In un caso, sono i corpi ad affondare, ma essi possono rialzarsi
senza alcuna pena. Nell’altro sono le anime a cadere, che
rischiano di ricadere nuovamente anche qualora si siano
rialzate…”
San Nilo afferma che colui che è ancora immerso nelle
passioni non può essere una guida spirituale. Illustra il
suo insegnamento interpretando spiritualmente la Sacra Scrittura
e prendendo come esempio il Re David che voleva costruire il
tempio di Dio. “Se colui che ancora combatte contro le
passioni ed ha le mani insanguinate, vuole edificare il Tempio di
Dio assieme a delle anime razionali, udrà queste parole:
“Non sarai tu ad innalzare un tempio per me poiché
sei un uomo di sangue…” Dunque bisogna essere in
pace e pacificati per costruire un tempio a Dio… Ecco
perché Mosè pone la tenda fuori dal campo, stando
ad indicare, con tale gesto, che il Maestro spirituale deve
trovarsi lontano dai rumori della guerra, lontano dagli eserciti
macchiati di sangue, un luogo dove risieda la pace.
San Barsanufio il Grande applicò rigorosamente la regola
di san Nilo e visse recluso, murato in una cella,
all’esterno del monastero presso Gaza, in Palestina. Fu il
padre spirituale non solo dei monaci del monastero ma anche di
una moltitudine di cristiani. Non incontrava mai nessuno e
comunicava tramite messaggi scritti e per la mediazione
dell’abate. “Fu nella sua cella che raccolse e
gustò il dolcissimo miele dell’esichia”, dice
san Nicodemo l’Athonita. Si impose una penitenza
così rigorosa che trovava consolazione soltanto nelle
lacrime… Poteva dimenticarsi di mangiare, di bere, di
vestirsi poiché il suo nutrimento, la sua bevanda, la sua
veste erano il Santo Spirito… Dopo aver purificato il
cuore da tutte le passioni, fu ritenuto degno di divenire il
tempio e l’abitazione del Santo Spirito… Oltre
all’umiltà, gli fu concessa la più grande tra
le virtù, il discernimento… Al discernimento si
aggiunse il dono di vedere e scrutare le ragioni misteriose e
spirituali degli esseri sensibili ed intellegibili. Poi ricevette
il dono di conoscere le cose lontane come se fossero presenti, il
dono di profezia, il dono di leggere nei cuori, di conoscere i
pensieri… Da tenero padre che era, non cessava di pregare,
notte e giorno, Dio perché rendesse i suoi fratelli dei
teofori. Queste sono le sue parole: “Prima che voi me lo
chiediate, per la fiamma ardente che brucia in me per Cristo che
ha detto “Ama il prossimo come te stesso”, per le
bruciature dello Spirito Santo, non cesso mai di pregare Dio,
giorno e notte, di rendervi tutti teofori, d’inviare in voi
e di farvi dimorare lo Spirito Santo… Sono divenuto per
voi un Padre che si adopera per mobilizzare i suoi figli per il
Re…”
San Barsanufio è il modello del Padre spirituale, la cui
ambizione è di fare dei suoi figli dei portatori di Dio.
Nell’amore del prossimo, giunge al livello di un Paolo, di
un Mosè. “Credimi fratello, scrive in una lettera,
sono pronto a chiedere al mio Maestro, che gioisce delle
richieste dei suoi servi, di introdurmi nel suo regno con i miei
figli, altrimenti, di cancellarmi dal suo libro”.
L’arte, il modo di insegnare del Padre spirituale è
sempre vivo, semplice, come una parabola del Vangelo. Spesso gli
esempi sono tratti dalla Sacra Scrittura, al pari del seguente,
in cui Dio dice a Ezechiele: “Tu, figlio dell’uomo,
prendi un mattone, ponitelo innanzi, disegna su di esso una
città: ‹Gerusalemme›”. Ciò
significa che il Maestro spirituale deve fare del suo discepolo,
che è sulla terra, un Tempio Santo. “Poni
attenzione, dice san Nilo, alle parole “ponitelo
innanzi”, poiché i progressi del discepolo saranno
rapidi se quest’ultimo è costantemente sotto gli
occhi del suo maestro. Il continuo spettacolo dei buoni esempi
imprimerà delle simili immagini nelle più aride ed
indurite anime…” Ed ancora un esempio che trae
origine dalla Sacra Scrittura: Giuda ha tradito quando si
è sottratto agli sguardi del suo Maestro.
Ecco un altro modo, quello di un Padre del deserto, per riportare
sulla retta via uno dei suoi figli venuto a consultarlo.
“- Vengo a trovarti, Padre, dice, per dirti che vado a
citare in giudizio un vicino che mi fa molti torti…
- Fai come meglio credi, risponde l’Anziano.
- Allora ci vado di gran lena.
- Vai. Ma prima, preghiamo un po’-. L’Anziano si mise
in preghiera e recitò il PadreNostro. Giunto alle parole:
rimetti i nostri debiti come anche noi li rimettiamo…,
l’Anziano disse: “non rimettere i nostri debiti come
anche noi non li rimettiamo ai nostri debitori”.
- Padre, ti sbagli, non è così.
- Ma, disse l’Anziano, non è questo ciò che
tu hai deciso di fare?”
E il cristiano ripartì istruito, placato, con lo sguardo
interiore fisso sul proprio peccato.
Il Maestro Spirituale è indispensabile, dice Cassiano il
Romano, per colui che vuole praticare l’arte
spirituale.
Se per le arti e le scienze umane dobbiamo ricevere delle
lezioni, istruirci, per quanto tali cose siano alla portata delle
nostre mani, dei nostri occhi, delle nostre orecchie, se quindi
abbiamo bisogno di un maestro capace che ci diriga, non è
forse una follia voler apprendere l’arte spirituale senza
un Maestro, essendo essa l’arte più difficile,
un’arte nascosta, invisibile, che soltanto chi ha il cuore
purificato può apprendere? Fallire in tale arte non
è una semplice sconfitta, ma perdizione dell’anima e
morte eterna.
“Non è possibile apprendere da soli la scienza delle
virtù, insegna ancora un altro padre, san Gregorio il
Sinaita, nonostante alcuni abbiano usato l’esperienza come
maestra. Colui che agisce in questo modo e non cerca il consiglio
di coloro che hanno progredito è un presuntuoso. Se il
Figlio non compie niente che non compia anche il Padre, se lo
Spirito Santo non parla da se stesso, qual è dunque
l’uomo che può pretendere di essere salito sul
più alto gradino della virtù senza essere iniziato?
Folle temerarietà! Se crede di possedere la virtù,
si inganna. Affidatevi a coloro che conoscono i dolori della
virtù della prassi, vale a dire il digiuno sino alla fame,
la continenza, le veglie prolungate, le prosternazioni faticose,
lo stare in piedi ed immobili, la preghiera incessante, il
silenzio benedetto e soprattutto la pazienza… La
Scrittura, a tal proposito, dice: “Mangerai i dolori delle
tue virtù” ed ancora “Il Regno dei cieli
appartiene a coloro che lo forzano”.
Nonostante fosse vissuto da asceta nella pratica di tutte le
virtù, qualcosa preoccupava ancora san Gregorio il
Sinaita: di trovare un uomo spirituale che potesse condurlo
là dove non era giunto con le sue sole forze,
poiché sentiva, nel profondo del suo cuore, un vuoto da
colmare, quello che gli anziani, da lui incontrati, non gli
avevano ancora insegnato. “Dio esaudì la sua
richiesta, dandogli la guida cercata. Rivelò ad Arsenio,
anacoreta, l’esistenza di Gregorio e il suo desiderio.
Arsenio, guidato dal Santo Spirito, si recò da Gregorio,
che lo ricevette con gioia. Dopo i saluti consoni ai monaci,
l’anziano Arsenio cominciò a parlare come se
leggesse da un libro divino. Parlò della sorveglianza
sull’intelletto, della purificazione,
dell’attenzione, della preghiera intellettiva, del modo in
cui l’intelletto si purifica con la pratica dei
comandamenti e come diviene Luce.
Poi, rivolgendosi a Gregorio, gli chiese:
-Dunque, figlio mio, qual è il tuo percorso?
Il divino Gregorio gli raccontò tutto quello che aveva
compiuto sin dall’inizio, la sua separazione dal mondo,
l’amore per la solitudine, i combattimenti che aveva
intrapreso…
Il divino Arsenio che conosceva perfettamente la Via che conduce
l’uomo al culmine della virtù, sorrise,
dicendogli:
- “Tutto quello che mi hai narrato, figlio mio, è
chiamata Prassi dai Padri teofori e non
Teoria-Contemplazione”. Udendo tali parole, Gregorio cadde
ai piedi dell’anziano e lo supplicò, nel Nome del
Signore, di insegnargli la preghiera intellettiva,
l’esichia e il controllo sull’intelletto. Arsenio
colse l’occasione e, senza perdere altro tempo,
cominciò ad iniziare il nuovo discepolo e a rivelargli
tutto quello che aveva ricevuto dalla grazia divina.
Nell’Ortodossia, non è la regola a fare il monaco,
ma il Maestro spirituale. Abbiamo conosciuto dei monaci che hanno
lasciato il loro monastero per andare a vivere presso un Padre
spirituale e cercarne un altro alla morte di quest’ultimo.
San Gregorio ha formato dei discepoli degni del regno dei Cieli.
Egli, infatti, ha reso noto al mondo san Massimo il Cavsocaliba,
che fino a quel momento errava nei deserti athoniti, facendosi
passare per un folle. Un maestro spirituale non rivelato da un
altro, non caldeggiato, diremmo, da un altro maestro conosciuto e
sperimentato, è un falso maestro da cui bisogna prendere
le distanze. Cristo si appella al Padre e il Padre lo manifesta
al mondo. Al momento del battesimo di Giovanni ci sono due
testimonianze: quella del Padre e quella dello Spirito. Lo
Spirito non parla da se stesso, ma dice ciò che ha udito
presso il Padre. Abbiamo sentito spesso, presso gli anacoreti, la
domanda: Di chi sei discepolo? Essi se la pongono al primo
incontro.
Ritorniamo a san Gregorio e al suo discepolo Callisto che
divenne, in seguito, patriarca di Costantinopoli, e penetriamo,
grazie a lui, nell’intimità del rapporto con il suo
maestro, per mezzo del racconto che segue:
“ – Lo interrogavo semplicemente, e senza
curiosità, appena lo vedevo uscire dalla cella, col volto
radioso… E mi diceva:
“L’anima che si lega a Dio, che è stata ferita
dal suo amore, che è salita al di sopra della creazione
tutta, che vive ad un livello superiore delle cose visibili, che
è completamente soggiogata dal desiderio di Dio, non
può del tutto nascondersi. Difatti, il Signore ha
annunciato queste cose, dicendo: “Il Padre che vede nel
segreto ti manifesterà innanzi a tutti”. E ancora:
“…così brilli la vostra luce davanti agli
uomini, perché, vedendo le vostre buone opere,
glorifichino il Padre che è nei cieli”.
Poiché il cuore danza dalla gioia, l’intelletto si
scuote di letizia, il volto è radioso, secondo il sapiente
che ha detto: “Il cuore gioioso fa splendere il
volto”.
- Io gli chiedevo ancora: Padre divino, insegnami, per amore
della verità, cosa sia l’anima e come venga
considerata dai santi.
- Accogliendo la mia richiesta, con una tranquillità che
le era connaturale, mi rispose:
- Mio caro figlio spirituale, non cercare ciò che si trova
al di sopra della tua capacità e non vagliare ciò
che più profondo di te. Di fronte alla questione
importante che mi hai posta, sei ancora un bambino, vale a dire
imperfetto. Non puoi digerire un nutrimento solido, comprendere
delle cose che sono al di sopra delle tue capacità. Il
nutrimento degli adulti non è adatto ai lattanti che
possono cibarsi di cose liquide.
Caddi ai suoi piedi, abbracciandoli fortemente e lo supplicai,
con insistenza, di darmi ancora delle spiegazioni. Acconsentendo
alla mia preghiera mi disse brevemente:
- Se non vedi la risurrezione della tua anima, non puoi
apprendere cosa sia esattamente l’anima spiritualizzata.
Ancora lo pregai, con rispetto, e lui mi rispose:
- Rivelami, Padre, se sei giunto al culmine di tale ascensione,
ovvero, se hai compreso cosa sia l’anima spiritualizzata.
Con molta umiltà, mi rispose:
- Sì.
- Per amore del Signore, ribattei, insegnami questo per il bene
della mia anima. Fu così che questa anima divina e
venerabile soddisfece il mio desiderio, dandomi tale
insegnamento:
- Quando l’anima ha impiegata tutta la volontà a
combattere ogni passione per mezzo della pratica delle
virtù, con la ragione e il discernimento, le riduce
progressivamente e le sottomette. Dopo averle sottomesse, coltiva
le virtù naturali che la istruiscono e la guidano alle
cose che sono al di sopra della natura, facendola salire su di
una scala spirituale. Allorché l’intelletto, per la
grazia di Cristo, raggiunge la dimensione spirituale, viene
illuminato dalla Luce del Santo Spirito. Si spande luminosamente
nella contemplazione, si eleva al di sopra di se stesso, secondo
la misura della grazia che Dio gli ha concesso e vede con
maggiore purezza e chiarezza la natura degli esseri, secondo
l’ordine e la relazione che le sono propri e non come
speculano i filosofi che percepiscono soltanto l’ombra
delle cose e che non cercano di seguire, come dovrebbero,
l’operazione della natura. Poiché come insegna la
divina Scrittura “… si sono smarriti nel loro vano
ragionamento e il cuore, privo di intelligenza, si è
colmato di tenebre”.
L’anima che ha ricevuto la caparra della grazia del Santo
Spirito, per mezzo delle ripetute contemplazioni, abbandona, a
poco a poco, ciò che si trova in basso e sale verso
l’alto, verso ciò che è divino, come dice
Paolo ai Filippesi, “Dimenticando ciò che è
dietro di me e slanciandomi verso ciò che si trova innanzi
a me, corro verso la meta finale…” L’anima
così illuminata dal Santo Spirito, scintilla. Si è
elevata sulle cime della contemplazione… Unita allo Sposo
celeste per mezzo di un eros immortale, il Cristo, conversa con
Dio che la ricolma abbondantemente e la orna
riccamente…”
“Quando troviamo tali maestri, dice Nilo l’Asceta, i
discepoli devono rinunciare a se stessi e alla propria
volontà, al punto da non differenziarsi da un corpo
inanimato, di essere come la materia plasmabile nelle mani
dell’artista…Poiché in tale modo il Maestro
fa progredire i discepoli, che non lo contraddicono mai, nella
virtù”.
“Non ti illudere credendo di saperti guidare da solo nelle
cose spirituali, consiglia Abba Poemen. Sottomettiti ad un
anziano e lasciati guidare in tutto”. Un altro Padre del
deserto, introducendo un novizio gli diceva: “Fratello, fai
come il cammello. Caricati delle tue imperfezioni e lasciati
guidare da un Padre spirituale sulla via che egli conosce
più di te”.
“Se vogliamo criticare le soluzioni che utilizza il
maestro, non ci sarà alcun progresso, poiché
ciò che al discepolo può sembrare privo di
importanza e persino insensato, dice ancora san Nilo, in
verità è cosa buona. Colui che è un artista
e chi non lo è, giudicano differentemente l’opera
d’arte. Il primo ha come regola la conoscenza,
l’altro la somiglianza”.
Si narra che Abba Giovanni il Colobo, prima di divenire asceta,
visse per molti anni sotto la direzione di un Anziano, nella
Tebaide. In principio, il Maestro, volendo metterlo alla prova,
lo fece camminare, in un giorno, per dodici ore, dalla loro
capanna sino ad un luogo arido. Là, l’Anziano prese
il suo bastone, lo piantò in terra e ordinò al
discepolo di andare ad innaffiarlo tutti i giorni, portando, in
un secchio, l’acqua dalla capanna. Il buon discepolo
operò con zelo quanto era stato stabilito dal maestro. Tre
anni dopo, il legno secco riprese vita e produsse delle noci.
L’Anziano le raccolse e la Domenica seguente le
portò in Chiesa. Dopo l’ufficio furono distribuite
agli eremiti, dicendo loro: “Venite fratelli, gustate i
frutti dell’obbedienza”.
Abba Iperechio diceva che l’obbedienza è il gioiello
più prezioso per un monaco. Quello che lo possiede
sarà esaudito da Dio ed entrerà in rapporto con il
Crocifisso che si è fatto obbediente sino alla
morte.
Marco l’Asceta, fedele alla tradizione dei Padri, insegna
ugualmente: “Vivere soli è pericoloso, seguendo le
proprie fantasie, senza testimoni ma è ugualmente
insidioso vivere assieme ad uomini privi di esperienza nei
combattimenti spirituali. Le macchinazioni del Maligno sono
molteplici e ben dissimulate, le trappole del nemico sono di
vario genere e disseminate ovunque. Per questo, possibilmente,
bisogna impegnarsi a vivere con degli uomini saggi e virtuosi
oppure frequentarli ripetutamente. Quando non possediamo la
lampada della vera conoscenza, per non aver ancora raggiunta la
maturità spirituale, essendo sempre bambini, bisogna
seguire colui che possiede la lampada, per non camminare nelle
tenebre e non esporsi ai pericoli degli uragani e delle gelate,
correndo il rischio di cadere nelle fauci delle belve spirituali
che abitano le tenebre e che divorano coloro che procedono senza
la lampada spirituale che è la Parola di
Dio…”
A proposito di tale frequentazione di uomini santi e sapienti, ci
vengono alla mente molte storie del Deserto. Un Anziano diceva
che colui che entra in un profumeria, anche se non acquista
alcunché, ne esce impregnato da un buon odore. La stessa
cosa avviene a colui che frequenta dei santi, poiché di
impregna del profumo delle loro virtù.
“Tre anziani, si narra nella vita di sant’Antonio,
avevano la consuetudine di recarsi, una volta all’anno, al
monte dell’Abba Antonio per ricevere gli insegnamenti del
grande santo. Una volta, due di loro posero alcune domande
sull’ascesi dell’anima e del corpo, per fornire al
santo l’occasione di riversare la sapienza divina che
sortiva dalle sue labbra. Il terzo ascoltava in silenzio e non
poneva domande. Il santo gli disse:
- In tutti gli anni che mi hai reso visita, non hai ancora posto
una domanda. Non vuoi imparare niente?
- Mi basta guardarti, Abba. - Ciò mi insegna molto,
rispose con rispetto l’anziano”.
Da ciò che abbiamo scritto sin qui, apprendiamo che non
esiste altra via certa se non quella di confessare ogni pensiero
ai Padri che hanno il dono del discernimento, di ricevere da loro
soli la condotta nella virtù, di non affidarsi mai al
proprio giudizio… Poiché confessarsi a qualcuno che
non possiede il discernimento, che non ha esperienza, mette a
rischio di perdizione ambedue le anime. Abba Poemen consiglia di
non affidare la propria confessione a chi risulta sconosciuto
alla nostra coscienza.
Abba Cassiano e i suoi discepoli resero visita ad Abba
Mosè (un vecchio brigante divenuto uno dei più
grandi santi del deserto) e lo interrogarono sulla confessione
dei pensieri. Mosè rispose loro: “ È buona
cosa, figli miei, non nascondere i propri pensieri ai Padri e
confessarli francamente e sinceramente. Non bisogna ascoltare il
proprio giudizio, ma sottomettersi, senza esclusione alcuna, a
quello dei Padri. Non bisogna confessare a chiunque i segreti del
cuore, ma a degli anziani divenuti spirituali, che sanno
discernere, che hanno la stima di molti e non soltanto i capelli
bianchi. Molti sono coloro che si fissano sulle cose esteriori e
rivelano i loro pensieri; al posto della guarigione trovano la
disperazione, a causa dell’inesperienza di chi li
ascolta”.
San Massimo il Cavsocaliba – l’uomo ardente delle
capanne – è stato vittima di un confessore inesperto
a cui aveva rivelato le sue visioni e l’incontro con la
Deipara sulla cima del Monte Athos: per questo, fu considerato un
folle, un uomo smarrito. Ma fu una grazia per san Massimo, che si
servì dell’epiteto “smarrito” per
salvarsi dalle lodi degli uomini, dicendo a tutti quelli che lo
avvicinavano: “Allontanatevi da me, sono un uomo
smarrito”.
“I Padri esperti, insegna Cassiano il Romano, non si
muovono per loro volontà, ma sono mossi da Dio e dalle
Scritture ispirate. Che sia necessario interrogare coloro che
sono progrediti nella virtù, è scritto in molti
passi della Santa Scrittura, come nella Vita di san Samuele, che,
ancora bambino, fu consacrato dalla madre a Dio e fu degno di
conversare con il Signore e che tuttavia non si affidò a
propri pensieri, andando a consultare il Padre spirituale Eli,
apprendendo così che avrebbe dovuto rispondere a Dio.
Nonostante Dio, con la Sua chiamata, lo avesse reso degno di Lui,
volle che fosse sottomesso al padre spirituale, affinché
vivesse nell’umiltà.
Allo stesso modo, Cristo che scelse e chiamò Paolo,
avrebbe potuto aprirgli subitamente gli occhi, mostrandogli la
via della perfezione; tuttavia lo inviò da Anania,
orinandogli di imparare da quest’ultimo la via della
verità e dicendogli: “Alzati, torna in città
e là ti sarà detto cosa devi fare”. Tali
esempi ci insegnano a lasciarsi guidare da coloro che sono
perfetti… “Salii, dice Paolo, a Gerusalemme per
incontrare Pietro e Giacomo, per esporre loro il Vangelo che
predico, con il timore di correre o di aver corso invano”,
nonostante la grazia del Santo Spirito fosse con lui nella
potenza dei miracoli compiuti. Chi può essere talmente
orgoglioso e presuntuoso da reggersi unicamente sul proprio
giudizio, quando il vaso di elezione confessa che è
necessario il parere degli apostoli? Dunque è chiaro che
– i fatti lo dimostrano – il Signore non rivela la
via della perfezione se non a quelli che sono guidati dai Padri
spirituali. Perciò Dio, per bocca del profeta, dice:
“Interroga tuo padre e te lo insegnerà, interroga i
tuoi anziani e te lo diranno…”
Similmente all’apostolo, il padre spirituale conosce i
dolori del parto, gli attacchi dei demoni scatenati contro di
lui, poiché i demoni si vendicano sul padre spirituale,
dice Nilo l’Asceta, e vanno a turbarlo di giorno e di
notte, suscitando, a suo danno, le calunnie, le
difficoltà, i pericoli.
Talvolta, accade, dice Giovanni il Carpato, che il maestro si
esponga al disonore, subisca delle prove per il bene dei
discepoli. “Siamo privi d’onore e disprezzati, voi
siete gloriosi e forti in Cristo”, scrive Paolo ai Corinti.
San Simeone il Nuovo Teologo fu attaccato dai suoi monaci animati
dal diavolo. Il patriarca di allora lo condannò
all’esilio, ma tornò sui suoi passi grazie alla
richiesta e alle preghiere del santo e si limitò a
disperdere i calunniatori. Ma, da buon pastore che era, non
potendo tollerare il monastero deserto, si mise a cercarli,
inviando loro ciò che era indispensabile a sopravvivere.
In seguito, andò da ciascuno di loro, chiedendo perdono
come se li avesse offesi e dopo qualche tempo riuscì a
farli tornare al monastero.
“Ricevi e ascolta con pietà le istruzioni divine e
spirituali dei Padri. Le cose spirituali sono inaccessibili a
coloro che sono privi di esperienza, dice san Macario. La
comunicazione del Santo Spirito è data all’anima
santa e fedele… I tesori celesti dello Spirito sono resi
manifesti a colui che ha acquisito l’esperienza. Quello che
non è stato iniziato non può comprendere
assolutamente niente”.
“Dunque ascolta con pietà ciò che ti è
rivelato su tali cose fino al momento in cui sarai ritenuto degno
di riceverle. Allora vedrai, con gli occhi sperimentati
dell'anima, a quali beni e a quali misteri le anime dei
cristiani possono, sin qui, comunicare…”, ci
insegnano i santi Callisto ed Ignazio.
(Tratto dal volume Callinique l'Esicaste, Paris, Fraternitè Orthodoxe Saint Gregoire Palamas)