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Avvicinandoci alla Natività di Cristo

Omelia di San Giovanni di Kronstadt

San Giovanni di Kronstadt

Ci avviciniamo, diletti fratelli, alla festa salvifica della nascita nella carne del Signore Dio e Salvatore nostro Gesù Cristo. Per alcuni giorni prima della festa, la santa Chiesa celebrerà questo meraviglioso mistero negli inni spirituali dei suoi Offici quotidiani. Questi inni ci ricordano del nostro diritto di nascita divino e lo sperpero della nostra filiazione a causa del peccato, così come anche ci ricordano della sua restaurazione attraverso il pentimento, della nostra comune parentela spirituale e dello spirito di amore e di cura gli uni per gli altri.
Per celebrare questa festa dell’infinito amore di Dio e della sua estrema condiscendenza, non in modo mondano, ma spirituale, consideriamo brevemente quanto segue: Perché Dio si è fatto uomo pur rimanendo Dio? E cosa richiede da noi l’incarnazione di Dio?
Poste queste due domande, risponderò alla prima con le parole dell’Arcangelo a Giuseppe, il promesso sposo della Santa Vergine: Dio si è fatto uomo per salvare il suo popolo dal peccato. (Mt 1, 21). Per questo viene chiamato Gesù, che significa Salvatore. E così è stato per la nostra salvezza che il Signore è venuto sulla terra e si è fatto uomo, per rigenerare in noi l’immagine di Dio caduta. Il Figlio di Dio si è fatto Figlio dell’Uomo per rendere figli di Dio noi che eravamo figli dell’ira e della dannazione eterna. Nelle parole del Santo Apostolo Giovanni il Teologo: “ ci ha fatti chiamare figli di Dio” (1 Gv 3,1); Ora Dio si è fatto uomo per fare di Adamo un dio. (Stichira per gli enkomia dell’Annunciazione).
O indicibile amore di Dio! O indicibile compassione del Signore! E Lui, il Santissimo, ha fatto questo: ha divinizzato l’umanitànei suoi eletti, li ha purificati da ogni male, sia dell’anima che del corpo, li ha santificati, glorificati, li ha condotti dalla corruzione alla vita eterna, li ha resi degni di stare beati davanti al trono terribile della Sua gloria. E ha divinizzato anche noi, fratelli e sorelle.
Ci ha dato una nuova nascita per l’acqua e il Santo Spirito, ci ha santificati, ci ha resi Suoi figli, ci ha dato la promessa della vita eterna e delle benedizioni eterne, superando ogni racconto e immaginazione. E a conferma, a garanzia delle benedizioni future, ha dato a noi, ancora qui sulla terra, il Santo Spirito perché abiti nei nostri cuori: Dio ha mandato nei vostri cuori lo Spirito del Figlio suo che grida “Abbà, Padre” (Gal 4, 6), come scrive l’Apostolo.
E allora, fratelli miei, la festa della Natività di Cristo ci ricorda che siamo nati da Dio, che siamo figli di Dio, che siamo stati salvati dal peccato e che dobbiamo vivere per Dio e non per il peccato. Non per la carne e il sangue, non per tutto il mondo che giace nel male e nell’empietà (1 Gv 5, 19), non per la corruzione terrena. Dobbiamo vivere per un’eredità incorruttibile, incontaminata e che non marcisce, riservata per voi nei cieli (1 Pt 1, 4), e della quale il Signore stesso vi darà un segno: «ecco, una vergine concepirà, e partorirà un figlio e lo chiamerà Emmanuele» (Isaia 7, 14).
Voi che vi preparate ad incontrare la festa della Natività di Cristo, chiedetevi: avete conservato quella nascita spirituale da Dio, che ciascuno di noi ha ricevuto nel battesimo? Siete sempre attenti alla tua filiazione divina e al sacro tesoro dello Spirito che avete acquisito nel battesimo? Vi siete avvicinati a Dio attraverso la fede e l’amore, come Suoi amati figli?
Vi siete amati gli uni gli altri come si conviene ai figli di Dio? Avete disprezzato il peccato, che è orrido, malvagio e distruttivo? Avete amato la verità e ogni virtù? Avete amato la vita immortale ed eterna, preparata in una terra che non passerà e alla quale siamo chiamati da Colui che ora è venuto sulla nostra terra corrotta? Sono queste le domande che dobbiamo porci adesso e su cui decidere. Le nostre decisioni non possono essere prese solo con l’intelletto, ma soprattutto con il cuore e con le nostre stesse azioni.
In generale, non dovremmo permetterci di celebrare qualsiasi festa cristiana senza considerare seriamente una domanda: qual è il suo significato e qual è il suo scopo? Qual è la nostra responsabilità nei confronti di essa?
Dobbiamo conoscere il significato cristiano che sta dietro ogni festa. Allora la festa diverrà proficua per la salvezza della nostra anima. Altrimenti il nemico della nostra salvezza ci rapirà e trasformerà la festa di Dio in una festa della carne, dell’abuso, come tante volte accade.
Risolta la prima domanda, «perché Dio si è fatto uomo?», siamo giunti alla soluzione anche della seconda: «Che cosa esige da noi l’Incarnazione del Figlio di Dio?» Essa ci impone di ricordare e tenere in sacro onore il fatto che siamo nati da Dio, e se abbiamo contaminato e calpestato questo diritto di primogenitura con i nostri peccati, dobbiamo ripristinarlo lavandolo con lacrime di pentimento; dobbiamo restaurare e rinnovare dentro di noi l’immagine di Dio caduta e l’unione con Dio nella beatitudine, verità e santità che erano state distrutte.
L’incarnazione del Figlio di Dio richiede da noi soprattutto l’amore reciproco, l’umiltà, l’aiuto e il servirvi l’un l’altro. Infatti come non amarci gli uni gli altri quando vediamo l’amore che Dio ha verso di noi? Come non essere umili, vedendo tanta umiltà, tanta volontaria condiscendenza per amore nostro del Figlio di Dio? Come non aiutarci a vicenda in ogni modo possibile, quando il Figlio di Dio stesso è venuto non per essere servito, ma per servire e dare la sua vita in riscatto per molti (Mt 20, 28).

Come i Magi, anche noi, fratelli, prepariamo i doni per il Re infante. Invece di oro, incenso e mirra, portiamogli i doni della fede, della speranza e dell’amore. Amen.


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