Recensione a cura della presbitera Chiara Ruth Rantini
In questo scorcio di fine millennio, scrivere libri che abbiano come tema centrale la preghiera è divenuto pressoché una moda; in seno ad un “risveglio” spirituale che ha tutti i caratteri di una trovata consumistica, occorre saper discernere tra ciò che, pur essendo affascinante, ci allontana da Cristo e ciò che invece ci conduce a Lui.
La preghiera – scrive Padre Anthony – è proprio il canale di comunicazione tra l’uomo e Dio. Noi viviamo quotidianamente una condizione di silenzio, o meglio di incapacità di ricezione e di espressione; il nostro silenzio nasce dall’inquietudine, dall’accidia, dall’inedia e dall’insoddisfazione, ed è molto distante da quella dimensione di attesa, di vigilanza e di attenzione che alberga in un animo posto nella quiete: “…quando tutto è muto intorno a te e dentro regna la pace, allora Dio può parlarti nel silenzio”. Innanzitutto dobbiamo quindi cercare la pace del cuore, ovvero la sospensione di un qualsiasi sentimento di rancore o di ira. Soltanto allora, come dei pellegrini che partono senza provviste ma sicuri della loro meta spirituale, possiamo apprestarci alla “nostra umile ascesa verso Dio”. Padre Anthony insiste particolarmente sulla necessità preliminare di assumere un atteggiamento umile, ovvero, di attesa che la misericordia di Dio lenisca le nostre ferite causate dal peccato; occorre quindi un atto di umiltà che induca le labbra, così pronte a pronunciare parole di orgoglio, a sussurrare il “Miserere mei” salvifico. Riconosciuta la nostra reale situazione di miseria e di peccato, deposta quindi ogni forma di orgoglio e di autostima dobbiamo farci ancora più leggeri, ancora più fragili in modo che il nostro abbandonarsi a Dio sia totale e profondo. Procedendo nella scala delle spoliazioni, che sono necessarie per incontrare Dio, troviamo la povertà, ovvero la beatitudine di coloro che si affrancano da qualsiasi possesso, secondo il principio per il quale “…ogni cosa che prendiamo nelle nostre mani per possederla è sottratta al Regno dell’amore”; perciò se dovessimo definire il Regno di Dio useremmo queste stesse parole: “(il Regno) è la sensazione di essere liberi dal possesso”. Ma ciò ancora non basta: il potere dell’immaginazione costituisce un nuovo, temibile ostacolo a cui il cristiano deve sapersi opporre, sentendosi vicino a Dio pur senza darGli forma.
Adesso ci sono tutte le condizioni perché possa sgorgare in noi la preghiera; una preghiera che non sarà, mai sempre la stessa pur essendo comunque veritiera. Ci saranno momenti in cui il nostro cuore angosciato e sconvolto ci porterà a pronunciare parole sconnesse, non vagliate dall’intelletto, pure emissioni di spontanea supplica verso Dio. Più spesso però il nostro comunicare con il Signore scorrerà tranquillo, pacato ma non per questo meno sincero; sono i momenti in cui ci lasciamo guidare dalla saggezza delle antiche orazioni della Tradizione, soffermandoci attentamente su ogni parola, perché il suo significato possa tradursi in azione di vita, in esempio pratico di preghiera vissuta.
Chiara Ruth Rantini, (da La Pietra n. 1-4/1998 pp.25-27)
NOTA: Il libro, oggi esaurito in questa edizione, è stato riedito dalle edizioni Qiqajon.