Omelia per la prima domenica di quaresima, Domenica dell’Ortodossia
di San Giovanni di Kronstadt
Mi rallegro con me stesso e con molti di voi, amati fratelli e sorelle, per l’indicibile grazia di Dio, per il rinnovamento spirituale ottenuto attraverso gli sforzi ascetici della preparazione, la preghiera, il digiuno e il pentimento, e, soprattutto, attraverso la comunione dei purissimi e vivificanti Misteri del corpo e del sangue del Signore. E in questo breve tempo potremo riconoscere in noi stessi i benefici del digiuno e della preghiera, per non parlare dei benefici che vengono dalla preparazione, della confessione e della comunione. Se, infatti, abbiamo sinceramente usato di questo tempo per la nostra salvezza, e abbiamo soddisfatto fedelmente la condizione del digiuno e della preghiera; se ci siamo astenuti dagli eccessi di cibo e bevande, se abbiamo pregato con fede, se ci siamo umiliati davanti a Dio e ai nostri simili, se abbiamo avuto misericordia, se abbiamo riconosciuto le nostre molte mancanze e le nostre iniquità, pentendoci di esse profondamente e, avendo preso la ferma intenzione di non commetterne più, le abbiamo confessate con sincerità, per averne il perdono e l’assoluzione, allora abbiamo potuto gustare il Cibo vivificante. Ma abbiamo davvero beneficiato tutti della settimana che è trascorsa? I nostri cuori sono più vicini a Dio, alla purissima Madre del Gregge, la Chiesa, al Santo Angelo Custode e ai Santi di Dio? Abbiamo amato sinceramente la verità e la virtù, abbiamo odiato ogni menzogna e ogni iniquità? Amiamo davvero Dio e il nostro prossimo con sincerità? Ci sentiamo spiritualmente più vicini l’uno all’altro, come membra dell’unico corpo di Cristo, come membra di Cristo? «Poiché vi è un solo pane, noi siamo, benché molti, un solo corpo: tutti infatti partecipiamo all’unico pane» (1Cor10, 17)
Riusciamo a sentire nel cuore che i fiumi dell’iniquità non scorrono più nelle nostre anime con tanta impudenza e veemenza, come facevano prima della nostra preparazione e della comunione? Siamo diventati più puri, più liberi, più pacifici, più scevri dalle passioni, migliori, più gentili, più inclini a tutto ciò che è buono e utile? Siamo diventati meno avidi di piaceri carnali e di egoismo? Siamo diventati migliori, più gentili, più pazienti, più indulgenti col prossimo? Abbiamo guardato più spesso al cielo, alla nostra vera ed eterna patria, e abbiamo guardato con meno entusiasmo tutto ciò che è terreno, ovvero temporaneo, momentaneo, transitorio? Guardate a quanti in mezzo a noi sono stati presi dalla morte in breve tempo, e a come la morte continuamente ghermisce le sue prede. Se è così, se siamo diventati migliori e più prudenti, allora di nuovo mi rallegro con me stesso e con voi per la grande grazia di Dio, e insieme prego che il Signore consolidi questa buona disposizione e tensione del cuore in me e in voi. Non lasciamoci sedurre, però, dal pensiero malvagio che ora, grazie a Dio, ci ha tolto il peso dei nostri peccati, possiamo vivere di nuovo come abbiamo vissuto, e peccare come già abbiamo peccato, perché – diremmo – chi è senza peccato? È vero, fratelli e sorelle, che nessuno è senza peccato, ma vivere come abbiamo vissuto e peccare come prima, dopo il rinnovamento attraverso il pentimento e la comunione, non può e non deve esser considerato dignitoso per un cristiano.
La Santa Chiesa, attraverso il confessore, dà questa indicazione ad ogni penitente: «D’ora in avanti, sta’ in guardia su tutti questi peccati, poiché hai ricevuto questo secondo battesimo, secondo il Mistero cristiano, e vedi di ricominciare bene, con l’aiuto di Dio, e soprattutto di non adagiarti su queste cose, per non essere motivo di disprezzo davanti agli uomini, poiché questo non è decoroso per un cristiano. Dio ti aiuti, invece, a vivere, per la sua grazia, con onestà, giustizia, e pietà.» Ecco come la Chiesa esorta i penitenti. E anche il buonsenso ci esorta: chi, infatti, dopo essersi lavato, vorrà contaminarsi di nuovo? Solo «il maiale, dopo essersi lavato, va di nuovo a sdraiarsi nel fango; solo il cane tende a tornare al suo vomito» (2Pt 2, 22). «Vedi, ora sei guarito. Non peccare più, perché non ti accada di peggio» (Gv 5,14), dice il Signore al paralitico guarito. E qualcosa di peggio può infatti accaderci, se trascuriamo alla virtù dopo il pentimento; allora la grazia di Dio ci lascerà per la nostra mancanza di cura e negligenza verso noi stessi. Il pentimento e la comunione aprono i cieli e il Regno dei cieli perché, dice il Signore: «Chi mangia la mia carne e beve il mio sangue ha la vita eterna … egli dimora in me, e io in lui.» (Gv 6, 54-56).
Come non amare il dono ricevuto, ovvero la vita eterna e la presenza di Cristo in noi e la nostra presenza in Lui! Il cielo ci è stato aperto attraverso il pentimento e la comunione secondo le Scritture: «Vedrete il cielo aperto» (Giovanni 1:51). Quale grazia meravigliosa! A causa dei nostri peccati il cielo era stato chiuso come le fortezze e i castelli più inespugnabili, ma attraverso il pentimento è stato aperto. Approfittiamo di questa grazia di Dio prima che esso sia nuovamente chiuso. Dio solo sa se si aprirà di nuovo a noi quando lo avremo nuovamente chiuso con peccati volontari. Per molti è chiuso per sempre. Le fanciulle imprudenti bussavano alle porte chiuse dicendo: «Signore! Signore, aprici», e fu detto loro: «In verità vi dico, non vi conosco» ; mentre a tutti noi fu detto: «Vegliate dunque, perché non sapete né il giorno né l’ora» in cui il Figlio dell’uomo tornerà.(Mt 25,11-13)
Amen.