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Il figlio della vedova

Commento alla pericope evangelica della terza Domenica di Luca. (Lc 6, 31-36)
Dal Commento al Vangelo secondo Luca del Beato Teofilatto, Arcivescovo di Ochrid e Bulgaria

7, 11-16. E avvenne il giorno dopo che egli andò in una città chiamata Naìm e andavano insieme a lui i suoi discepoli e molta folla. Come si avvicinò alla porta della città, ecco che veniva condotto un morto, figlio unigenito di sua madre, ed essa era vedova. C’era con lei molta gente della città e appena il Signore la vide, si commosse per lei e le disse: «Non piangere!» Si avvicinò, toccò la bara e i portatori si fermarono. Egli disse: «Ragazzo, dico a te: alzati!» Il morto si mise a sedere e cominciò a parlare, e lui lo diede a sua madre. Tutti furono presi dalla paura e glorificavano Dio, dicendo: «Un grande profeta è sorto in mezzo a noi e Dio ha visitato il suo popolo!»

Poiché il Signore, pur non essendo nemmeno presente, aveva guarito il servo del centurione, ora compie un altro miracolo ancora più straordinario. Lo fa in modo che nessuno possa dire: «Che cosa c’è di straordinario nella guarigione del servo del centurione? Forse il servo non sarebbe morto in ogni caso». Per questo ora il Signore risuscita il morto mentre veniva portato alla sepoltura. Non compie il miracolo solo con la sua parola, ma tocca anche la bara, insegnandoci che il suo stesso Corpo è vita. Poiché Dio stesso, il Verbo che dà vita a tutte le cose, si è fatto carne, anche la sua stessa carne è vivificante e annienta la morte e la corruzione. Il morto si mise a sedere e cominciò a parlare, affinché alcuni non pensassero che la sua resurrezione fosse solo un’apparizione. Sedersi e parlare sono prove inequivocabili della resurrezione dai morti: come può un corpo senza vita sedersi e parlare? Puoi anche intendere che per vedova si intende l’anima che ha sofferto la perdita del marito, il Verbo di Dio che semina il buon seme. Il figlio di tale vedova è la mente morta e viene portata fuori della città, cioè fuori della Gerusalemme celeste che è la terra dei vivi. Il Signore allora ha pietà e tocca la bara. La bara che trasporta la mente morta è il corpo. E infatti il corpo è come una tomba, come dicevano gli antichi greci, chiamando il corpo [soma] tumulo [sēma], che significa tomba. Dopo aver toccato il corpo, il Signore poi solleva la mente, restituendole giovinezza e vigore. E dopo che il giovane, cioè la mente, si sarà seduto, risuscitato dalla tomba del peccato, comincerà a parlare, cioè a insegnare agli altri. Mentre è nella morsa del peccato, non può parlare o insegnare: chi gli crederebbe?

 


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