Il giovane ricco
Commento alla pericope evangelica della dodicesima Domenica di Matteo. (Matteo 19, 16-26)
Dal Commento al Vangelo secondo Matteo del Beato Teofilatto, Arcivescovo di Ochrid e Bulgaria
16. In quel tempo un giovane si avvicinò a Gesù e gli disse: «Maestro, che farò di buono per avere la vita eterna?» Egli disse a lui: «Perché mi interroghi su ciò che è buono? Uno solo è buono, cioè Dio». L’uomo non è venuto per mettere alla prova Cristo, ma con il desiderio di imparare e con sete di vita eterna. Si è avvicinato a Cristo come se Cristo fosse soltanto un uomo. Per questo il Signore dice: Perché mi interroghi su ciò che è buono? Uno solo è buono, cioè Dio. Ciò significa: “Se mi chiami buono pensando che io sia uno dei maestri, parli male, perché nessun uomo è essenzialmente buono; sia perché siamo mutevoli e facilmente distolti dal bene, sia perché, in confronto alla bontà di Dio, quella dell’uomo andrebbe considerata malvagità.”
17-19. «Se vuoi entrare nella vita eterna, osserva i comandamenti». Gli dice: «Quali?» Allora Gesù disse: «Non uccidere; non commettere adulterio; non rubare; non testimoniare il falso; onora il padre e la madre. Ama il prossimo tuo come te stesso» Il Signore indirizza l’interrogante ai comandamenti della legge, in modo che gli ebrei non potessero dire che Egli disprezzava la legge. Che accadde dopo?
20. Gli dice il giovane: «Tutto questo lo ho osservato dalla mia giovinezza; cosa manca ancora?» Alcuni lo accusano di vanteria e arroganza. Come avrebbe potuto raggiungere l’amore per il prossimo se fosse stato ricco? Infatti nessuno, che ami il prossimo come sé stesso, è più ricco del suo prossimo. Altri lo intendono così: “supponiamo, dice, che io abbia conservato tutte queste cose, cosa mi manca ancora?”
21-22. Gesù gli disse: «Se vuoi essere perfetto, va’, vendi i tuoi beni e dalli ai poveri e avrai un tesoro nei cieli; poi vieni e seguimi». Il giovane, avendo udito la parola se ne andò rattristato perché aveva molti beni. Tutto ciò che dici di aver compiuto, dice, lo hai fatto adempiendo solo la lettera della legge, come fanno i Giudei. Ma se vuoi essere perfetto, cioè se vuoi essere mio discepolo e cristiano, allora va, vendi tutto quello che hai e dona tutto in una volta, non trattenendo nulla per fare continuamente l’elemosina. Non ha detto: “dai ripetutamente ai poveri”, ma dai una volta per tutte e spogliati delle tue ricchezze. Poiché ci sono alcuni che fanno l’elemosina ma conducono una vita piena di ogni sorta di sozzure, aggiunge, “poi vieni e seguimi”, cioè possiedi anche ogni altra virtù. Il giovane però ne fu addolorato perché, sebbene desiderasse la vita eterna e il terreno del suo cuore fosse profondo e fertile, le spine della ricchezza lo soffocavano. Perché dice che aveva molti beni. Chi ha pochi beni non ne è altrettanto frenato, perché il vincolo di molti beni è più tirannico. Poiché il Signore stava conversando con un uomo ricco, disse: “Ami la ricchezza? Sappi che avrai un tesoro in cielo”.
23-24. Allora Gesù disse ai suoi discepoli: «In verità vi dico che un ricco difficilmente entrerà nel regno dei cieli. Vi dico ancora: è più facile che un cammello passi per la cruna di un ago, piuttosto che un ricco entri nel regno di Dio.» Finché un uomo è ricco e possiede in eccesso mentre gli altri non hanno nemmeno il necessario, non può in alcun modo entrare nel Regno dei cieli. Ma quando tutte le ricchezze sono state sparse, allora non è più ricco e quindi può entrare. Perché, che un ricco entri nel regno dei cieli, è impossibile così come è impossibile che un cammello passi per la cruna di un ago. Vedi come Cristo all’inizio disse che era difficile entrare, ma qui è del tutto impossibile. Alcuni dicono che il cammello non è l’animale, ma la spessa fune utilizzata dai marinai per gettare le ancore.
25-26. All’udir ciò i discepoli erano molto stupiti e dicevano: «Chi dunque può essere salvo?» Fissando su di loro lo sguardo, Gesù disse loro: «Questo è impossibile presso gli uomini, invece tutto è possibile presso Dio.» I discepoli, essendo compassionevoli, fecero questa domanda non per se stessi, poiché erano poveri, ma per tutti gli uomini. Il Signore quindi ci insegna a valutare la salvezza non dalla debolezza umana, ma dalla potenza di Dio. Se uno comincia a cessare l’avidità, avanzerà fino a ridurre il suo eccesso, e da lì procederà ad eliminare anche le sue necessità, e così prospererà lungo la strada per mezzo dell’azione di Dio in lui.