La paternità spirituale nei Padri del Deserto e nella Tradizione bizantina
(Scelta di testi)
Considera gli anni delle generazioni che furono…
Chiedi a tuo padre, ai tuoi anziani e te lo diranno (Deut. 32, 7)
Per prima cosa, è necessario chiarire che per il cristiano ortodosso esiste un solo ed unico Maestro Spirituale che altro non è se non lo Spirito Santo, il Consolatore, lo Spirito di Verità, che il mondo non può ricevere in quanto resta a lui invisibile ed inconoscibile. Tuttavia, a voi, diceva il Signore ai suoi Apostoli e, per mezzo loro a tutti coloro che crederanno in Lui, voi lo conoscerete poiché dimorerà con voi e sarà in voi… Vi insegnerà ogni cosa e vi ricorderà tutto ciò che vi ho insegnato… Vi condurrà alla verità… poiché non parlerà da se stesso, ma riferirà tutto ciò che ha udito e vi annuncerà le cose a venire…
Senza lo Spirito Santo, nessuno può ricevere l’illuminazione spirituale, nessuno può contemplare i misteri, nessuno può ricevere la grazia deificante, niente potrà essere mutato e trasformato, nessuno può insegnare, nessuno può essere Padre Spirituale.
Il Signore ha tracciato la via regale della perfezione: “Se vuoi essere perfetto, vai e vendi i tuoi beni, distribuiscili ai poveri e avrai un tesoro nei cieli. Poi vieni e seguimi.” I Padri del Deserto, questa schiera di uomini amanti di Dio, hanno recepito l’appello del Signore, lasciando il mondo per cercare la perfezione, la purificazione e l’unione con Dio, nei “deserti e nelle montagne, nelle caverne e negli antri della terra.” Essi hanno interpretato letteralmente i comandamenti divini, li hanno vissuti e meditati notte e giorno. Per dimostrare quanto fosse dura e difficile la lotta, i Padri usavano questo detto: “Dai il tuo sangue e riceverai lo Spirito”. Perciò sono divenuti Maestri e Padri Spirituali, alimentando la stirpe dei Pneumatofori, degli autentici pastori, poiché hanno raggiunto la semplicità del cuore posseduta dai bambini ricordata nei Vangeli.
“Beati i cuori puri… e tutti coloro che, ininterrottamente, nelle profondità dell’animo, meditano il Nome glorioso del Signore Gesù, scrivono i Padri teofori Callisto ed Ignazio. Essi possono vedere la luce dell’intelletto… e percorrere in Dio ciò che resta della loro via mondana, camminando nella luce, in quanto sono divenuti figli della Luce, come dice Gesù, datore della Luce: “Finché avrete la Luce, credete nella Luce per divenire figli della Luce”. Ed inoltre: “Io sono la Luce del mondo, colui che mi segue non camminerà nelle tenebre, ma possederà la Luce della vita.” Ebbene, anche David grida a Dio la stessa cosa: “Nella tua Luce vedremo la Luce”. Così il divino Paolo: “Dio ha detto che la Luce brilla in seno alle tenebre, Lui ha fatto risplendere il suo chiarore nei vostri cuori”. Per mezzo di essa (la Luce), come per una lampada inestinguibile e sempre splendente, i credenti sono guidati per raggiungere le cose che sono al di là dei sensi; e ancora attraverso tale Luce la porta celeste si apre a coloro che sono puri di cuore, la via sublime che li rende uguali agli angeli. Allora, sorge da loro, come dal disco solare, il dono di esaminare, di discernere, di vedere, di prevedere e simili altri doni; in breve, a loro sono manifestati e rivelati i misteri indicibili. Sono talmente ripieni di spirito, di forza soprannaturale e divina che, polvere divenuta sottile, si alzano e volano nello spazio.
Attraverso tale potenza illuminatrice nello Spirito Santo, sebbene siano ancora in una condizione carnale, alcuni Padri, simili ad incorporei ed immateriali, hanno guadato i fiumi, i mari ed hanno camminato sulle acque a piedi asciutti, hanno percorso in un baleno lunghe ed interminabili distanze, hanno compiuto prodigi sia in terra che in cielo, sul sole, sul mare, nel deserto, nelle città, in ogni luogo e paese, tra le belve e i rettili, nella creazione tutta e in ogni elemento… E, alla morte, i corpi venerabili portano il carattere dell’incorruttibilità che manifesta la grazia dimorante in loro… e dopo la Risurrezione universale saranno elevati, per la potenza illuminatrice dello Spirito, nel cielo ad incontrare il Signore, come dice l’iniziato alle cose indicibili, il divino Paolo, e saranno sempre con Lui. Allo stesso modo, David canta: “Signore, nella Luce del tuo Volto cammineremo e nel tuo Nome gioiremo per tutto il giorno”, ovvero per l’eternità… A ciò, risponde la voce maestosa di Isaia: “Ma coloro che confidano nel Signore acquistano nuove forze, si alzano in volo…”
“Il Padre Spirituale, dice san Basilio il Grande, è colui che non vive più nella carne, ma guidato dallo Spirito di Dio, divenendo figlio di Dio, ad immagine del Figlio di Dio. Un simile uomo può essere chiamato spirituale”. Non basta, per essere un Padre spirituale avere un carisma dello Spirito, ma avere la grazia in abbondanza, come Eliseo la chiede a Elia suo Maestro: “Che ottenga, te ne prego, una doppia razione del tuo spirito”. Bisogna aver sanato e padroneggiato le proprie passioni, prima di illuminare gli altri. In una parola, bisogna avere ereditato, prima di distribuire. Bisogna essere l’uomo spirituale di cui parla l’apostolo Paolo. Se infatti l’uomo carnale, che non comprende affatto le cose dello spirito, commette, ad esempio, l’ingiustizia, l’uomo psichico non la commette, ma non desidera certo subirla; al contrario, l’uomo spirituale, l’uomo perfetto, imitatore di Cristo, non solo non commette alcuna ingiustizia ma la subisce rendendo grazie al Signore, senza cercare alcuna vendetta.
Se interroghiamo i Padri del deserto su come deve essere il padre spirituale, essi, al pari di Abba Poemen, risponderanno: “Colui che istruisce un altro deve essere perfettamente santo e privo di passioni. Non bisogna assolutamente costruire la dimora del vicino lasciando in rovina la propria. Colui che è maestro e non realizza niente di ciò che insegna, è simile ad un pozzo che disseta e lava ciò che lo circonda pur essendo colmo di ogni genere di impurità”.
Abba Iperechio diceva che colui che insegna per mezzo delle opere e non con le sole parole, è il vero sapiente. Un altro padre paragona colui che insegna a parole a un albero che ha soltanto foglie e nessun frutto.
San Nilo l’Asceta dice che “quelli che hanno un carico di anime devono possedere una perfetta conoscenza, allo scopo di dirigere con prudenza coloro che gli sono stati affidati. Devono insegnare sapientemente ogni aspetto della lotta e non contentarsi di indicare, con un gesto della mano, i segni della vittoria, ma di dirigere, passo passo, il combattimento contro l’avversario. Difatti, il combattimento spirituale è assai più arduo di quello che coinvolge il corpo. In un caso, sono i corpi ad affondare, ma essi possono rialzarsi senza alcuna pena. Nell’altro sono le anime a cadere, che rischiano di ricadere nuovamente anche qualora si siano rialzate…”
San Nilo afferma che colui che è ancora immerso nelle passioni non può essere una guida spirituale. Illustra il suo insegnamento interpretando spiritualmente la Sacra Scrittura e prendendo come esempio il Re David che voleva costruire il tempio di Dio. “Se colui che ancora combatte contro le passioni ed ha le mani insanguinate, vuole edificare il Tempio di Dio assieme a delle anime razionali, udrà queste parole: “Non sarai tu ad innalzare un tempio per me poiché sei un uomo di sangue…” Dunque bisogna essere in pace e pacificati per costruire un tempio a Dio… Ecco perché Mosè pone la tenda fuori dal campo, stando ad indicare, con tale gesto, che il Maestro spirituale deve trovarsi lontano dai rumori della guerra, lontano dagli eserciti macchiati di sangue, un luogo dove risieda la pace.
San Barsanufio il Grande applicò rigorosamente la regola di san Nilo e visse recluso, murato in una cella, all’esterno del monastero presso Gaza, in Palestina. Fu il padre spirituale non solo dei monaci del monastero ma anche di una moltitudine di cristiani. Non incontrava mai nessuno e comunicava tramite messaggi scritti e per la mediazione dell’abate. “Fu nella sua cella che raccolse e gustò il dolcissimo miele dell’esichia”, dice san Nicodemo l’Athonita. Si impose una penitenza così rigorosa che trovava consolazione soltanto nelle lacrime… Poteva dimenticarsi di mangiare, di bere, di vestirsi poiché il suo nutrimento, la sua bevanda, la sua veste erano il Santo Spirito… Dopo aver purificato il cuore da tutte le passioni, fu ritenuto degno di divenire il tempio e l’abitazione del Santo Spirito… Oltre all’umiltà, gli fu concessa la più grande tra le virtù, il discernimento… Al discernimento si aggiunse il dono di vedere e scrutare le ragioni misteriose e spirituali degli esseri sensibili ed intellegibili. Poi ricevette il dono di conoscere le cose lontane come se fossero presenti, il dono di profezia, il dono di leggere nei cuori, di conoscere i pensieri… Da tenero padre che era, non cessava di pregare, notte e giorno, Dio perché rendesse i suoi fratelli dei teofori. Queste sono le sue parole: “Prima che voi me lo chiediate, per la fiamma ardente che brucia in me per Cristo che ha detto “Ama il prossimo come te stesso”, per le bruciature dello Spirito Santo, non cesso mai di pregare Dio, giorno e notte, di rendervi tutti teofori, d’inviare in voi e di farvi dimorare lo Spirito Santo… Sono divenuto per voi un Padre che si adopera per mobilizzare i suoi figli per il Re…”
San Barsanufio è il modello del Padre spirituale, la cui ambizione è di fare dei suoi figli dei portatori di Dio. Nell’amore del prossimo, giunge al livello di un Paolo, di un Mosè. “Credimi fratello, scrive in una lettera, sono pronto a chiedere al mio Maestro, che gioisce delle richieste dei suoi servi, di introdurmi nel suo regno con i miei figli, altrimenti, di cancellarmi dal suo libro”.
L’arte, il modo di insegnare del Padre spirituale è sempre vivo, semplice, come una parabola del Vangelo. Spesso gli esempi sono tratti dalla Sacra Scrittura, al pari del seguente, in cui Dio dice a Ezechiele: “Tu, figlio dell’uomo, prendi un mattone, ponitelo innanzi, disegna su di esso una città: ‹Gerusalemme›”. Ciò significa che il Maestro spirituale deve fare del suo discepolo, che è sulla terra, un Tempio Santo. “Poni attenzione, dice san Nilo, alle parole “ponitelo innanzi”, poiché i progressi del discepolo saranno rapidi se quest’ultimo è costantemente sotto gli occhi del suo maestro. Il continuo spettacolo dei buoni esempi imprimerà delle simili immagini nelle più aride ed indurite anime…” Ed ancora un esempio che trae origine dalla Sacra Scrittura: Giuda ha tradito quando si è sottratto agli sguardi del suo Maestro.
Ecco un altro modo, quello di un Padre del deserto, per riportare sulla retta via uno dei suoi figli venuto a consultarlo.
“- Vengo a trovarti, Padre, dice, per dirti che vado a citare in giudizio un vicino che mi fa molti torti…
– Fai come meglio credi, risponde l’Anziano.
– Allora ci vado di gran lena.
– Vai. Ma prima, preghiamo un po’-. L’Anziano si mise in preghiera e recitò il PadreNostro. Giunto alle parole: rimetti i nostri debiti come anche noi li rimettiamo…, l’Anziano disse: “non rimettere i nostri debiti come anche noi non li rimettiamo ai nostri debitori”.
– Padre, ti sbagli, non è così.
– Ma, disse l’Anziano, non è questo ciò che tu hai deciso di fare?”
E il cristiano ripartì istruito, placato, con lo sguardo interiore fisso sul proprio peccato.
Il Maestro Spirituale è indispensabile, dice Cassiano il Romano, per colui che vuole praticare l’arte spirituale.
Se per le arti e le scienze umane dobbiamo ricevere delle lezioni, istruirci, per quanto tali cose siano alla portata delle nostre mani, dei nostri occhi, delle nostre orecchie, se quindi abbiamo bisogno di un maestro capace che ci diriga, non è forse una follia voler apprendere l’arte spirituale senza un Maestro, essendo essa l’arte più difficile, un’arte nascosta, invisibile, che soltanto chi ha il cuore purificato può apprendere? Fallire in tale arte non è una semplice sconfitta, ma perdizione dell’anima e morte eterna.
“Non è possibile apprendere da soli la scienza delle virtù, insegna ancora un altro padre, san Gregorio il Sinaita, nonostante alcuni abbiano usato l’esperienza come maestra. Colui che agisce in questo modo e non cerca il consiglio di coloro che hanno progredito è un presuntuoso. Se il Figlio non compie niente che non compia anche il Padre, se lo Spirito Santo non parla da se stesso, qual è dunque l’uomo che può pretendere di essere salito sul più alto gradino della virtù senza essere iniziato? Folle temerarietà! Se crede di possedere la virtù, si inganna. Affidatevi a coloro che conoscono i dolori della virtù della prassi, vale a dire il digiuno sino alla fame, la continenza, le veglie prolungate, le prosternazioni faticose, lo stare in piedi ed immobili, la preghiera incessante, il silenzio benedetto e soprattutto la pazienza… La Scrittura, a tal proposito, dice: “Mangerai i dolori delle tue virtù” ed ancora “Il Regno dei cieli appartiene a coloro che lo forzano”.
Nonostante fosse vissuto da asceta nella pratica di tutte le virtù, qualcosa preoccupava ancora san Gregorio il Sinaita: di trovare un uomo spirituale che potesse condurlo là dove non era giunto con le sue sole forze, poiché sentiva, nel profondo del suo cuore, un vuoto da colmare, quello che gli anziani, da lui incontrati, non gli avevano ancora insegnato. “Dio esaudì la sua richiesta, dandogli la guida cercata. Rivelò ad Arsenio, anacoreta, l’esistenza di Gregorio e il suo desiderio. Arsenio, guidato dal Santo Spirito, si recò da Gregorio, che lo ricevette con gioia. Dopo i saluti consoni ai monaci, l’anziano Arsenio cominciò a parlare come se leggesse da un libro divino. Parlò della sorveglianza sull’intelletto, della purificazione, dell’attenzione, della preghiera intellettiva, del modo in cui l’intelletto si purifica con la pratica dei comandamenti e come diviene Luce.
Poi, rivolgendosi a Gregorio, gli chiese:
-Dunque, figlio mio, qual è il tuo percorso?
Il divino Gregorio gli raccontò tutto quello che aveva compiuto sin dall’inizio, la sua separazione dal mondo, l’amore per la solitudine, i combattimenti che aveva intrapreso…
Il divino Arsenio che conosceva perfettamente la Via che conduce l’uomo al culmine della virtù, sorrise, dicendogli:
– “Tutto quello che mi hai narrato, figlio mio, è chiamata Prassi dai Padri teofori e non Teoria-Contemplazione”. Udendo tali parole, Gregorio cadde ai piedi dell’anziano e lo supplicò, nel Nome del Signore, di insegnargli la preghiera intellettiva, l’esichia e il controllo sull’intelletto. Arsenio colse l’occasione e, senza perdere altro tempo, cominciò ad iniziare il nuovo discepolo e a rivelargli tutto quello che aveva ricevuto dalla grazia divina.
Nell’Ortodossia, non è la regola a fare il monaco, ma il Maestro spirituale. Abbiamo conosciuto dei monaci che hanno lasciato il loro monastero per andare a vivere presso un Padre spirituale e cercarne un altro alla morte di quest’ultimo. San Gregorio ha formato dei discepoli degni del regno dei Cieli. Egli, infatti, ha reso noto al mondo san Massimo il Cavsocaliba, che fino a quel momento errava nei deserti athoniti, facendosi passare per un folle. Un maestro spirituale non rivelato da un altro, non caldeggiato, diremmo, da un altro maestro conosciuto e sperimentato, è un falso maestro da cui bisogna prendere le distanze. Cristo si appella al Padre e il Padre lo manifesta al mondo. Al momento del battesimo di Giovanni ci sono due testimonianze: quella del Padre e quella dello Spirito. Lo Spirito non parla da se stesso, ma dice ciò che ha udito presso il Padre. Abbiamo sentito spesso, presso gli anacoreti, la domanda: Di chi sei discepolo? Essi se la pongono al primo incontro.
Ritorniamo a san Gregorio e al suo discepolo Callisto che divenne, in seguito, patriarca di Costantinopoli, e penetriamo, grazie a lui, nell’intimità del rapporto con il suo maestro, per mezzo del racconto che segue:
“ – Lo interrogavo semplicemente, e senza curiosità, appena lo vedevo uscire dalla cella, col volto radioso… E mi diceva:
“L’anima che si lega a Dio, che è stata ferita dal suo amore, che è salita al di sopra della creazione tutta, che vive ad un livello superiore delle cose visibili, che è completamente soggiogata dal desiderio di Dio, non può del tutto nascondersi. Difatti, il Signore ha annunciato queste cose, dicendo: “Il Padre che vede nel segreto ti manifesterà innanzi a tutti”. E ancora: “…così brilli la vostra luce davanti agli uomini, perché, vedendo le vostre buone opere, glorifichino il Padre che è nei cieli”. Poiché il cuore danza dalla gioia, l’intelletto si scuote di letizia, il volto è radioso, secondo il sapiente che ha detto: “Il cuore gioioso fa splendere il volto”.
– Io gli chiedevo ancora: Padre divino, insegnami, per amore della verità, cosa sia l’anima e come venga considerata dai santi.
– Accogliendo la mia richiesta, con una tranquillità che le era connaturale, mi rispose:
– Mio caro figlio spirituale, non cercare ciò che si trova al di sopra della tua capacità e non vagliare ciò che più profondo di te. Di fronte alla questione importante che mi hai posta, sei ancora un bambino, vale a dire imperfetto. Non puoi digerire un nutrimento solido, comprendere delle cose che sono al di sopra delle tue capacità. Il nutrimento degli adulti non è adatto ai lattanti che possono cibarsi di cose liquide.
Caddi ai suoi piedi, abbracciandoli fortemente e lo supplicai, con insistenza, di darmi ancora delle spiegazioni. Acconsentendo alla mia preghiera mi disse brevemente:
– Se non vedi la risurrezione della tua anima, non puoi apprendere cosa sia esattamente l’anima spiritualizzata. Ancora lo pregai, con rispetto, e lui mi rispose:
– Rivelami, Padre, se sei giunto al culmine di tale ascensione, ovvero, se hai compreso cosa sia l’anima spiritualizzata. Con molta umiltà, mi rispose:
– Sì.
– Per amore del Signore, ribattei, insegnami questo per il bene della mia anima. Fu così che questa anima divina e venerabile soddisfece il mio desiderio, dandomi tale insegnamento:
– Quando l’anima ha impiegata tutta la volontà a combattere ogni passione per mezzo della pratica delle virtù, con la ragione e il discernimento, le riduce progressivamente e le sottomette. Dopo averle sottomesse, coltiva le virtù naturali che la istruiscono e la guidano alle cose che sono al di sopra della natura, facendola salire su di una scala spirituale. Allorché l’intelletto, per la grazia di Cristo, raggiunge la dimensione spirituale, viene illuminato dalla Luce del Santo Spirito. Si spande luminosamente nella contemplazione, si eleva al di sopra di se stesso, secondo la misura della grazia che Dio gli ha concesso e vede con maggiore purezza e chiarezza la natura degli esseri, secondo l’ordine e la relazione che le sono propri e non come speculano i filosofi che percepiscono soltanto l’ombra delle cose e che non cercano di seguire, come dovrebbero, l’operazione della natura. Poiché come insegna la divina Scrittura “… si sono smarriti nel loro vano ragionamento e il cuore, privo di intelligenza, si è colmato di tenebre”.
L’anima che ha ricevuto la caparra della grazia del Santo Spirito, per mezzo delle ripetute contemplazioni, abbandona, a poco a poco, ciò che si trova in basso e sale verso l’alto, verso ciò che è divino, come dice Paolo ai Filippesi, “Dimenticando ciò che è dietro di me e slanciandomi verso ciò che si trova innanzi a me, corro verso la meta finale…” L’anima così illuminata dal Santo Spirito, scintilla. Si è elevata sulle cime della contemplazione… Unita allo Sposo celeste per mezzo di un eros immortale, il Cristo, conversa con Dio che la ricolma abbondantemente e la orna riccamente…”
“Quando troviamo tali maestri, dice Nilo l’Asceta, i discepoli devono rinunciare a se stessi e alla propria volontà, al punto da non differenziarsi da un corpo inanimato, di essere come la materia plasmabile nelle mani dell’artista…Poiché in tale modo il Maestro fa progredire i discepoli, che non lo contraddicono mai, nella virtù”.
“Non ti illudere credendo di saperti guidare da solo nelle cose spirituali, consiglia Abba Poemen. Sottomettiti ad un anziano e lasciati guidare in tutto”. Un altro Padre del deserto, introducendo un novizio gli diceva: “Fratello, fai come il cammello. Caricati delle tue imperfezioni e lasciati guidare da un Padre spirituale sulla via che egli conosce più di te”.
“Se vogliamo criticare le soluzioni che utilizza il maestro, non ci sarà alcun progresso, poiché ciò che al discepolo può sembrare privo di importanza e persino insensato, dice ancora san Nilo, in verità è cosa buona. Colui che è un artista e chi non lo è, giudicano differentemente l’opera d’arte. Il primo ha come regola la conoscenza, l’altro la somiglianza”.
Si narra che Abba Giovanni il Colobo, prima di divenire asceta, visse per molti anni sotto la direzione di un Anziano, nella Tebaide. In principio, il Maestro, volendo metterlo alla prova, lo fece camminare, in un giorno, per dodici ore, dalla loro capanna sino ad un luogo arido. Là, l’Anziano prese il suo bastone, lo piantò in terra e ordinò al discepolo di andare ad innaffiarlo tutti i giorni, portando, in un secchio, l’acqua dalla capanna. Il buon discepolo operò con zelo quanto era stato stabilito dal maestro. Tre anni dopo, il legno secco riprese vita e produsse delle noci. L’Anziano le raccolse e la Domenica seguente le portò in Chiesa. Dopo l’ufficio furono distribuite agli eremiti, dicendo loro: “Venite fratelli, gustate i frutti dell’obbedienza”.
Abba Iperechio diceva che l’obbedienza è il gioiello più prezioso per un monaco. Quello che lo possiede sarà esaudito da Dio ed entrerà in rapporto con il Crocifisso che si è fatto obbediente sino alla morte.
Marco l’Asceta, fedele alla tradizione dei Padri, insegna ugualmente: “Vivere soli è pericoloso, seguendo le proprie fantasie, senza testimoni ma è ugualmente insidioso vivere assieme ad uomini privi di esperienza nei combattimenti spirituali. Le macchinazioni del Maligno sono molteplici e ben dissimulate, le trappole del nemico sono di vario genere e disseminate ovunque. Per questo, possibilmente, bisogna impegnarsi a vivere con degli uomini saggi e virtuosi oppure frequentarli ripetutamente. Quando non possediamo la lampada della vera conoscenza, per non aver ancora raggiunta la maturità spirituale, essendo sempre bambini, bisogna seguire colui che possiede la lampada, per non camminare nelle tenebre e non esporsi ai pericoli degli uragani e delle gelate, correndo il rischio di cadere nelle fauci delle belve spirituali che abitano le tenebre e che divorano coloro che procedono senza la lampada spirituale che è la Parola di Dio…”
A proposito di tale frequentazione di uomini santi e sapienti, ci vengono alla mente molte storie del Deserto. Un Anziano diceva che colui che entra in un profumeria, anche se non acquista alcunché, ne esce impregnato da un buon odore. La stessa cosa avviene a colui che frequenta dei santi, poiché di impregna del profumo delle loro virtù.
“Tre anziani, si narra nella vita di sant’Antonio, avevano la consuetudine di recarsi, una volta all’anno, al monte dell’Abba Antonio per ricevere gli insegnamenti del grande santo. Una volta, due di loro posero alcune domande sull’ascesi dell’anima e del corpo, per fornire al santo l’occasione di riversare la sapienza divina che sortiva dalle sue labbra. Il terzo ascoltava in silenzio e non poneva domande. Il santo gli disse:
– In tutti gli anni che mi hai reso visita, non hai ancora posto una domanda. Non vuoi imparare niente?
– Mi basta guardarti, Abba. – Ciò mi insegna molto, rispose con rispetto l’anziano”.
Da ciò che abbiamo scritto sin qui, apprendiamo che non esiste altra via certa se non quella di confessare ogni pensiero ai Padri che hanno il dono del discernimento, di ricevere da loro soli la condotta nella virtù, di non affidarsi mai al proprio giudizio… Poiché confessarsi a qualcuno che non possiede il discernimento, che non ha esperienza, mette a rischio di perdizione ambedue le anime. Abba Poemen consiglia di non affidare la propria confessione a chi risulta sconosciuto alla nostra coscienza.
Abba Cassiano e i suoi discepoli resero visita ad Abba Mosè (un vecchio brigante divenuto uno dei più grandi santi del deserto) e lo interrogarono sulla confessione dei pensieri. Mosè rispose loro: “ È buona cosa, figli miei, non nascondere i propri pensieri ai Padri e confessarli francamente e sinceramente. Non bisogna ascoltare il proprio giudizio, ma sottomettersi, senza esclusione alcuna, a quello dei Padri. Non bisogna confessare a chiunque i segreti del cuore, ma a degli anziani divenuti spirituali, che sanno discernere, che hanno la stima di molti e non soltanto i capelli bianchi. Molti sono coloro che si fissano sulle cose esteriori e rivelano i loro pensieri; al posto della guarigione trovano la disperazione, a causa dell’inesperienza di chi li ascolta”.
San Massimo il Cavsocaliba – l’uomo ardente delle capanne – è stato vittima di un confessore inesperto a cui aveva rivelato le sue visioni e l’incontro con la Deipara sulla cima del Monte Athos: per questo, fu considerato un folle, un uomo smarrito. Ma fu una grazia per san Massimo, che si servì dell’epiteto “smarrito” per salvarsi dalle lodi degli uomini, dicendo a tutti quelli che lo avvicinavano: “Allontanatevi da me, sono un uomo smarrito”.
“I Padri esperti, insegna Cassiano il Romano, non si muovono per loro volontà, ma sono mossi da Dio e dalle Scritture ispirate. Che sia necessario interrogare coloro che sono progrediti nella virtù, è scritto in molti passi della Santa Scrittura, come nella Vita di san Samuele, che, ancora bambino, fu consacrato dalla madre a Dio e fu degno di conversare con il Signore e che tuttavia non si affidò a propri pensieri, andando a consultare il Padre spirituale Eli, apprendendo così che avrebbe dovuto rispondere a Dio. Nonostante Dio, con la Sua chiamata, lo avesse reso degno di Lui, volle che fosse sottomesso al padre spirituale, affinché vivesse nell’umiltà.
Allo stesso modo, Cristo che scelse e chiamò Paolo, avrebbe potuto aprirgli subitamente gli occhi, mostrandogli la via della perfezione; tuttavia lo inviò da Anania, orinandogli di imparare da quest’ultimo la via della verità e dicendogli: “Alzati, torna in città e là ti sarà detto cosa devi fare”. Tali esempi ci insegnano a lasciarsi guidare da coloro che sono perfetti… “Salii, dice Paolo, a Gerusalemme per incontrare Pietro e Giacomo, per esporre loro il Vangelo che predico, con il timore di correre o di aver corso invano”, nonostante la grazia del Santo Spirito fosse con lui nella potenza dei miracoli compiuti. Chi può essere talmente orgoglioso e presuntuoso da reggersi unicamente sul proprio giudizio, quando il vaso di elezione confessa che è necessario il parere degli apostoli? Dunque è chiaro che – i fatti lo dimostrano – il Signore non rivela la via della perfezione se non a quelli che sono guidati dai Padri spirituali. Perciò Dio, per bocca del profeta, dice: “Interroga tuo padre e te lo insegnerà, interroga i tuoi anziani e te lo diranno…”
Similmente all’apostolo, il padre spirituale conosce i dolori del parto, gli attacchi dei demoni scatenati contro di lui, poiché i demoni si vendicano sul padre spirituale, dice Nilo l’Asceta, e vanno a turbarlo di giorno e di notte, suscitando, a suo danno, le calunnie, le difficoltà, i pericoli.
Talvolta, accade, dice Giovanni il Carpato, che il maestro si esponga al disonore, subisca delle prove per il bene dei discepoli. “Siamo privi d’onore e disprezzati, voi siete gloriosi e forti in Cristo”, scrive Paolo ai Corinti. San Simeone il Nuovo Teologo fu attaccato dai suoi monaci animati dal diavolo. Il patriarca di allora lo condannò all’esilio, ma tornò sui suoi passi grazie alla richiesta e alle preghiere del santo e si limitò a disperdere i calunniatori. Ma, da buon pastore che era, non potendo tollerare il monastero deserto, si mise a cercarli, inviando loro ciò che era indispensabile a sopravvivere. In seguito, andò da ciascuno di loro, chiedendo perdono come se li avesse offesi e dopo qualche tempo riuscì a farli tornare al monastero.
“Ricevi e ascolta con pietà le istruzioni divine e spirituali dei Padri. Le cose spirituali sono inaccessibili a coloro che sono privi di esperienza, dice san Macario. La comunicazione del Santo Spirito è data all’anima santa e fedele… I tesori celesti dello Spirito sono resi manifesti a colui che ha acquisito l’esperienza. Quello che non è stato iniziato non può comprendere assolutamente niente”.
“Dunque ascolta con pietà ciò che ti è rivelato su tali cose fino al momento in cui sarai ritenuto degno di riceverle. Allora vedrai, con gli occhi sperimentati dell’anima, a quali beni e a quali misteri le anime dei cristiani possono, sin qui, comunicare…”, ci insegnano i santi Callisto ed Ignazio.
(Tratto dal volume Callinique l’Esicaste, Paris, Fraternitè Orthodoxe Saint Gregoire Palamas)