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San Basilio: I martiri

basiliomartiriBasilio di Cesarea
I martiri. Panegirici per Giulitta, Gordio, i Quaranta Soldati di Sebaste, Mamante
Roma, Città Nuova, 1999

 

Recensione a cura della presbitera Chiara Ruth Rantini

I testi che sono raccolti in questo libro costituiscono una scelta tra le molte omelie basiliane di argomento morale e catechetico. Si tratta, infatti, del resoconto scritto di alcuni panegirici pronunciati dal santo di Cesarea in occasione di pubbliche assemblee di fedeli.

Datati intorno alla fine del IV secolo, essi raccolgono la narrazione e il commento del martirio di illustri testimoni della verità cristiana: Giulitta, Gordio, i Quaranti Martiri di Sebaste e Mamante. Sono questi gli eroi che san Basilio celebra, affidandoli alla memoria della Tradizione e all’onore del culto.

Da vero confessore della fede ortodossa, san Basilio lottò accanitamente contro l’eresia ariana che minacciava l’unità della Chiesa e, per questo, sapendo quanto era ancora vivo il ricordo delle persecuzioni romane, alla disputa dogmatica, unì la forza dell’exemplum delle vite dei santi martiri. Attraverso le vicende terrene dei fedeli confessori, san Basilio sviluppa una vera e propria teologia del martirio. La storia della Chiesa altro non è, per san Basilio, che l’avvicendarsi di un cammino che porterà l’uomo, il credente, dalla città terrena alla Gerusalemme Celeste: l’ascesi non è dunque riservata ai santi, ma all’uomo fedele che confida in Cristo. I martiri non sono quindi il ricordo di un passato morto ed infecondo ma, al contrario, un vivo esempio sempre presente nella comunità ecclesiale.

Nel trattare dei Quaranta Martiri di Sebaste, san Basilio non attribuisce alcuna importanza alla diversità dei luoghi di provenienza poiché “diversi l’uno dall’altro per parentela fisica, unica per tutti era la parentela spirituale. Infatti loro padre comune era Dio e tutti divennero tra loro fratelli, non per generazione terrenna da un padre e da una madre, ma per l’adozione dello Spirito, tra loro congiunti nella concordia che deriva dall’amore […] Città dei martiri è la città di Dio, il cui architetto e costruttore è Dio, la celeste Gerusalemme che è libera ed è madre di Paolo e di quanti gli somigliano” (p. 99). I martiri sono dunque coloro in cui l’imitatio Christi si è espressa pienamente ed essenzialmente nel “martirio della volontà”, ovvero nella rinuncia ad essere se stessi prima che cristiani, ritrovando in Cristo l’identità e l’immagine perduta, quell’immagine che trionfa nei volti beati e trasfigurati dall’adorazione dello Spirito ritratti sul legno delle icone.

San Basilio non si limita ad elogiare l’eroismo dei martiri e a rendere cara la loro memoria, quasi si trattasse di uomini valorosi morti per difendere la patria, ma, pur denunciando la debolezza delle proprie parole, quasi li offre ai fedeli come “calice di salvezza”, come bevanda salutare a cui attingere per impetrare la benevolenza divina. Questi “templi ornati” costituiscono le schiere dei messaggeri che portano a Dio le invocazioni, i sospiri e i lamenti dei cristiani, “risollevando i caduti, confermando i dubbiosi e raddoppiando l’ardore nei seguaci della fede”.

San Basilio attinge sapientemente al patrimonio delle tradizioni vetero- e neotestamentarie, traendo dalla prima la grandezza delle immagini poetiche, proprie dei salmi, e dalla seconda l’intensità di un’espressione che mira all’essenziale e alla semplicità di una catechesi fondata sullìamore e sulla fedeltà alla Parola evangelica.

Chiara Ruth Rantini (da La Pietra n. 3 1999 pp.25 – 26)


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