Memoria il 12 Marzo
San Gregorio nacque a Roma, intorno al 540, da una ricca famiglia patrizia della gens Anicia, che si distingueva, oltre che per la nobiltà del sangue, anche per l’attaccamento alla fede cristiana. Da tale famiglia erano usciti già due Papi: Felice III, trisavolo di Gregorio, e Agapito. I genitori Gordiano e Silvia furono per lui un esempio di vita cristiana, come le due zie paterne, Emiliana e Tarsilia, vissute nella propria casa come vergini consacrate.
Sulle orme del padre, Gregorio fece presto ingresso nella carriera amministrativa, e nel 572 divenne prefetto della città. Sentiva però che questa vita non faceva per lui e decise di lasciare ogni carica civile, per ritirarsi e iniziare la vita di monaco, trasformando a questo scopo la casa di famiglia in monastero.
Ma il suo ritiro non poté durare a lungo. L’esperienza maturata nell’amministrazione della città in un periodo storico assai difficile, i rapporti avuti in quella mansione con i romani d’oriente, e l’universale stima che si aveva di lui, indussero Papa Pelagio a ordinarlo diacono e ad inviarlo a Costantinopoli quale suo «apocrisario» (ovvero ambasciatore). Dopo alcuni anni fu richiamato a Roma dal Papa, che lo fece suo segretario. In quei difficili anni, in cui la popolazione fu oppressa da carestie e frequenti inondazioni a causa della pioggia, scoppiò anche la peste, che fece numerose vittime, tra le quali il Papa stesso. In tale difficile frangente, il clero, il popolo e il Senato furono unanimi nello scegliere quale suo successore proprio Gregorio. Egli cercò di resistere, tentando addirittura la fuga, ma alla fine dovette cedere. Divenne così Papa nell’anno 590.
Nonostante le riserve alla sua elezione, si adoperò energicamente, sia nelle questioni politiche e sociali a supporto dei bisognosi, che in quelle interne della Chiesa. Era fisicamente piuttosto esile e cagionevole di salute, a motivo della dura ascesi praticata in gioventù, ma si dimostrò uomo d’azione, pratico e intraprendente. Uno dei primi doveri che si impose fu la moralizzazione della Curia romana, in cui troppi, sia laici che ecclesiastici, avevano interessi ben più terreni dei suoi. Così, appena eletto, organizzò la vita nel palazzo pontificale a immagine di quella di un monastero. L’altro dovere primario a cui si dedicò fu quello di utilizzare i beni propri e quelli derivanti da elargizioni dei privati, non a beneficio di vescovi e chierici, ma in favore del popolo della città, che, come lamentò in una sua predica, è «oppressa da uno smisurato dolore, si spopola di cittadini; assalita dal nemico, non è più che un cumulo di macerie».
Nell’anno 476, era caduta la parte occidentale dell’Impero Romano, e gran parte dell’Europa era dominata da popoli germanici: i Visigoti, i Franchi, i Sassoni, gli Angli, i Goti e i Longobardi. San Gregorio vedeva queste genti con gli occhi del buon pastore, preoccupato di annunciare loro la parola di salvezza, stabilendo con essi rapporti di fraternità, si preoccupò della loro conversione.
Questo risultato fu ottenuto anche grazie al rapporto di amicizia che, nel frattempo, egli intratteneva con la regina Teodolinda. A lei indirizzò diverse lettere, e per sua edificazione scrisse i quatto libri dei Dialoghi. Quest’opera è quella che ebbe maggiore fortuna in Oriente, non appena tradotta in greco. Da essa egli è infatti conosciuto in Grecia con il nome di San Gregorio «il Dialogo» (ovvero l’«autore dei Dialoghi»).
Oltre ai Dialoghi, e nonostante i suoi molti impegni come Vescovo di Roma, egli ci ha lasciato numerose altre opere, in particolare, scritti di carattere esegetico, tra cui il Commento morale a Giobbe, le Omelie su Ezechiele, le Omelie sui Vangeli. L’opera principale è però la Regola pastorale, che San Gregorio redasse all’inizio del suo pontificato.
Per quattordici anni, San Gregorio si dedicò alla direzione della Chiesa di Roma, cercando di coltivare buoni rapporti con gli altri vescovi e patriarchi, favorendo i poveri e dando slancio alle missioni. Si addormentò nel Signore il 12 Marzo dell’anno 604.