Memoria il 2 Gennaio
Il santo e teoforo Padre Serafino nacque in Russia, nella città di Kursk, nel 1759. I genitori erano mercanti molto pii e devoti alla Deipara: la Tuttasanta aveva infatti guarito miracolosamente il giovane da una grave malattia.
Adolescente, Serafino, con la benedizione della madre, lasciò la casa paterna ed entrò nel monastero di Sarov. Occupandosi dei compiti più faticosi ed umili, progredì molto nella virtù e nella pratica della preghiera di Gesù. Trascorsi alcuni anni, si ammalò gravemente. Tuttavia, non volle alcuna medicina, chiedendo unicamente la Santa Comunione. Quando gli fu portata, apparvero in visione la Deipara con i santi Apostoli Pietro e Giovanni Teologo: essa, indicando il giovane malato disse loro. “Egli appartiene alla nostra razza!” Pochi giorni dopo, Serafino guarì.
Passati otto anni di noviziato, fu tonsurato monaco e successivamente ordinato diacono. Prima di celebrare la Divina Liturgia, trascorreva molte ore in preghiera e, pur avendo ricevuto il carisma delle visioni, continuò a vivere nel silenzio e nell’umiltà. Alla morte del suo padre spirituale, dopo essere stato ordinato sacerdote, ottenne il permesso di ritirarsi in solitudine nella foresta attorno al monastero su di un’altura, da lui chiamata “Monte Athos”. Qui restava per tutta la settimana, tornando al monastero solo per partecipare agli uffici liturgici festivi.
Sopportava volentieri i rigori dell’inverno e l’assalto degli insetti in estate, trascorrendo tutto il tempo in preghiera, immerso nella sante letture od impegnato in altre attività gradite a Dio: ogni suo pensiero ed azione erano compiuti nel ricordo del Signore. Per non dimenticare le sofferenze patite da Cristo durante la Passione e per meditare senza sosta gli altri misteri delle Sacre Scritture, portava legato sulla schiena un grosso evangelario. Mangiava un pane che riceveva settimanalmente al monastero e pochi altri vegetali che crescevano nel suo orto.
Talvolta, non consumava interamente i pasti, offrendone una parte agli animali selvatici, tra cui un orso, che si presentavano mansueti al’ingresso della sua capanna.
Le forze del Nemico non potendo tollerare una tale santità scatenarono una furiosa tempesta di pensieri impuri che Serafino sconfisse passando mille notti e mille giorni in piedi o in ginocchio su di una roccia, ripetendo la preghiera del Pubblicano. Tuttavia, tre briganti si presentarono alla sua porta e non trovando niente da rubare, lo colpirono sino a farlo quasi morire. Per quanto fosse ferito gravemente, il santo riuscì a raggiungere il monastero dove, di nuovo, un’apparizione della Deipara lo salvò dalla morte.
Non potendo più camminare se non con un appoggio, rese il suo soggiorno nella foresta ancora più solitario; raramente infatti si recava al monastero e se incontrava qualcuno, non gli rivolgeva alcuna parola se non un profondo inchino. Alla morte dell’igumeno del monastero di Sarov, i monaci cominciarono a lamentare l’eccessivo isolamento del Padre Serafino, tanto che, in santa obbedienza, fu costretto a ritornare nella sua cella monastica.
Cominciò per lui il periodo della reclusione. Viveva nel silenzio più totale, leggendo e commentando, durante la settimana, tutto il Nuovo Testamento.
Nel 1825, terminata la reclusione per suggerimento della Tuttasanta, aprì la sua cella inizialmente ai monaci del monastero e successivamente ai laici che arrivavano sempre più numerosi per ricevere consigli e parole di consolazione. La sua porta restava aperta a tutti sino alla notte, accogliendo anche le persone più umili con il saluto della Pasqua: “Mia gioia, Cristo è risorto!”.
Grazie al dono della chiaroveggenza, sapeva in anticipo le richieste, i dubbi, i peccati non confessati e poteva così dirigere il pellegrino verso le vie della salvezza, esercitando, di fatto, la paternità spirituale.
Essendogli stato accordato il dono della profezia, predisse molti avvenimenti storici, tra i quali la guerra di Crimea, la carestia e la rivoluzione che avrebbe sconvolto la Russia e la sua Chiesa nel XX secolo. Operava molte guarigioni e tutti avevano per lui la venerazione tributata ad un santo. Molti dei suoi insegnamenti sono stati trasmessi in un libro (il Colloquio con Motovilov) che è il resoconto di conversazioni spirituali avute con l’amico Motovilov.
Quando era ancora soltanto diacono, ebbe la direzione spirituale del monastero femminile di Divaevo che curò amorevolmente per tutta la sua vita. Nell’ultima apparizione della Deipara, avvenuta alla presenza di una monaca di Divaevo gli fu predetta la morte che giunse nella notte tra il primo e il due gennaio 1833. Dopo la morte, le apparizioni del santo furono numerose ma soltanto il 19 luglio 1903 fu decisa la sua glorificazione tra i santi, alla presenza della famiglia imperiale e di tutto il popolo russo che si trovava unito spiritualmente prima di affrontare la grande prova dell’ateismo bolscevico.