Storia dei Santi Andronico e Atanasia
Un racconto dalla Vita di Abba Daniele di Scete
(Memoria il 9 di Ottobre)
Ad Antiochia la grande viveva un tale di nome Andronico che di mestiere era orafo. Sposò una donna di nome Atanasia e costei, grazie alle sue opere, divenne realmente immortale come dice il suo nome. Anche Andronico era molto pio e adorno di opere buone. Erano molto ricchi e divisero tutti i loro beni in due parti: una per i poveri e i monaci, l’altra per le tasse e le per loro necessità. Ebbero due figli: uno era maschio e lo chiamarono Giovanni l’altro era femmina e le imposero il nome di Maria. E non si unirono mai più, ma si consacrarono al lavoro e alle opere buone.
Un giorno la beata Atanasia entrò in casa per vedere i suoi figli e trovò che stavano male. Turbata si distese nel letto accanto a loro e li stringeva a sé. Quando Andronico entrò e la vide così pensò che stesse dormendo e si mise a gridare. Ma essa disse: «Non adirarti, mio signore; i nostri figli stanno male!» Li toccò e si accorse che avevano la febbre. Se ne andò gemendo e disse: «Sia fatta la volontà del Signore». Quindi uscì dalla città per andare a pregare nel santuario di San Giuliano. A mezzogiorno udì lamenti e grida in casa sua e trovò i due figli morti. Entrò nel piccolo oratorio della casa e, inginocchiatosi davanti all’icona del Salvatore, disse: «Nudo sono uscito dal ventre di mia madre e nudo vi ritornerò. Il Signore ha dato, il Signore ha tolto. Avvenga come è parso bene al Signore. Sia benedetto il nome del Signore da ora e nei secoli» (Gb 1,21). Sua moglie cercava di morire insieme ai suoi figli. Giunse una folla numerosa a celebrare il funerale, presero i bambini e li seppellirono insieme ai genitori di Andronico nel santuario del santo martire Giuliano. E a mezzanotte, mentre la beata Atanasia stava dormendo nel santuario di san Giuliano, le apparve in sogno il martire vestito da monaco e le disse: «Perché non lasci in pace quelli che qui riposano?» La donna rispose: «Signore, non ti rattristare con me, perché sono afflitta. Oggi ho accompagnato qui i miei due figli, tutti e due insieme». Egli le disse: «Quanti anni avevano?». «Dodici l’uno, dieci l’altro» rispose. Le disse: «E perché piangi su di loro? Oh! se tu piangessi invece sui tuoi peccati! Io ti dico che come la natura dell’uomo richiede il cibo, così anche i bambini nel giorno del giudizio richiederanno a Dio i beni futuri dicendo: “Giudice giusto, ci hai privato dei beni della terra, non privarci anche dei beni del cielo!”».
A queste parole la donna fu presa da compunzione e cambiò il lutto in gioia dicendo: “Se dunque i miei figli vivono in cielo perché piango?” E si volse a cercare il monaco che le era apparso, ma non lo trovò. Chiamò allora il custode e gli disse: «Dove è l’abba che è venuto qui?» Le rispose: «Vedi che le porte sono chiuse e chiedi: – Dove è l’abba che è venuto qui?». E pensò che avesse avuto una visione. Ma la donna, intimorita, ritornò a casa sua e raccontò ad Andronico quello che aveva visto. Quindi gli disse: «In verità, mio Signore, quando ancora erano vivi i nostri ragazzi volevo dirti questa cosa, ma mi vergognavo. Ecco, te la dico ora se mi ascolti. Mandami in un monastero, perché io possa piangere i miei peccati». Le disse: «Su, metti alla prova il tuo pensiero per una settimana e se perseveri in questa intenzione ne riparleremo». La donna ritornò di nuovo a dirgli la stessa cosa. Il beato Andronico chiamò suo cognato e gli consegno tutti i suoi beni dicendogli: «Andiamo a pregare nei luoghi santi e se per caso giunge per noi l’ora della morte amministra tu questi bene e ti prego di costruire un ospedale è un ospizio per i monaci». Libero i suoi schiavi e le sue schiave e diede loro un lascito. Prese alcune provviste e due muli e di notte partì con sua moglie. La beata Atanasia guardando da lontano la sua casa levò gli occhi al cielo e disse: «O Dio che hai detto ad Abramo e a Sara vattene dalla tua terra e dai tuoi parenti (Gn 12, 1), guidaci nel timore di te perché ecco abbiamo lasciato aperta la nostra casa per amore del tuo nome; non chiudere dunque davanti a noi le porte del tuo regno!». E tutti e due partirono piangendo. Giunti ai luoghi santi, li visitarono incontrarono molti padri e giunsero poi al santuario di San Mena ad Alessandria. Verso l’ora nona il Beato Andronico video un laico che litigava con un monaco egli disse: «Perché offendi l’abba?». Quello rispose: «Signore, ho noleggiato la mia bestia fino a Scete e io gli dico: “Partiamo ora, così viaggiamo tutta la notte e domani fino all’ora sesta e arriviamo a Scete” e lui non vuole». Gli disse il beato Andronico: «Hai anche un’altra bestia?» «Sì» gli rispose. Gli disse il beato Andronico: «Su, portamela e te la noleggio perché anch’io voglio andare a Scete». Andronico disse a sua moglie: «Tu resta qui a San Mena finché non vado a Scete, ricevo la benedizione dei padri e me ne ritorno indietro» .
Gli disse la beata Atanasia: «Prendimi con te». Ma egli le rispose che una donna non può entrare a Scete. Piangendo ella disse: «Te la vedrai con San Mena se rimani là prima di avermi sistemato in un monastero». Si abbracciarono e Andronico si diresse verso Scete riverì i padre e sentì parlare di abba Daniele. Con grande fatica lo raggiunse e poté incontrarlo e gli racconto tutto quello che gli era accaduto. L’anziano gli disse: «Va’ a prendere tua moglie, ti scriverò una lettera e la porterai in Tebaide al monastero di Tabennesi». Così fece; portò la donna dall’anziano ed egli rivolse loro parole di salvezza. Scrisse loro una pergamena e li congedò e quando Andronico ritornò gli diede l’abito e gli insegno la regola di vita dei monaci. Andronico rimase presso di lui per dodici anni, poi supplico l’anziano di lasciarlo andare nei luoghi santi. Abba Daniele recitò una preghiera per lui e lo lascio partire. E mentre attraversava l’Egitto Abba Andronico si sedette sotto un rovo per riprendersi dalla fatica ed ecco, per disegno di Dio, giunse sua moglie in abiti maschili; anch’essa era in viaggio per i luoghi santi. Si salutarono. La donna riconobbe il marito, ma egli come avrebbe potuto riconoscere tale bellezza appassita e simile a un Etiope? Gli disse dunque: «Dove vai, abba?». Rispose: «Ai luoghi santi». La donna disse: «Anch’io vado là, viaggiamo insieme, però viaggiamo in silenzio come se non fossimo insieme». «Come vuoi» disse. E la donna chiese: «Ma tu non sei il discepolo di abba Daniele?». «Sì» rispose. «Non ti chiami Andronico?» «Sì» disse. «Le preghiere dell’anziano ci accompagnino!». «Amen» rispose.
Venerarono dunque i luoghi santi, quindi ritornarono ad Alessandria e abba Atanasio disse ad abba Andronico: «Vuoi che restiamo insieme nella stessa cella?». «Sì», rispose. «Prima però, voglio chiedere la benedizione all’anziano». «Va, gli disse, io resto a Octochedecaton e se arrivi vivremo in silenzio così come abbiamo fatto durante il viaggio. Se l’Abba a non te lo concede, non venire, io posso restare a Octochedecaton». Quello partì e visse poi nel timore di Dio altri dodici anni senza riconoscere sua moglie. L’anziano andava spesso a trovarli per conversare con loro sulla salvezza. Un giorno venne a trovarli, li salutò e ripartì, ma prima che arrivasse a San Mena lo raggiunse abba Andronico e gli disse: «abba Atanasio se ne va presso il Signore». L’anziano ritornò indietro e lo trovo ammalato. Abba Atanasio cominciò a piangere e l’anziano gli disse: «Invece di rallegrarti perché vai incontro a Cristo, ti metti a piangere?». Gli disse: «Piango a motivo di abba Andronico. Fammi questa carità prima di seppellirmi: troverai una pergamena accanto al mio giaciglio. Leggila e dalla ad abba Andronico». Dopo la preghiera si comunicò e si addormentò nel Signore. Vennero per celebrare le esequie e scoprirono che in realtà era una donna e la notizia si diffuse in tutta la laura. E l’anziano mandò a chiamare tutti i padri di Scete e del deserto interiore; giunsero tutte le laure di Alessandria, venne tutta la città e i monaci di Scete vestiti di bianco, così si usa infatti, e con rami di palma. E accompagnarono le venerabili spoglie della beata Atanasia rendendo gloria a Dio che aveva donato a una donna tale perseveranza. L’anziano rimase là per la settimana di lutto per la beata Atanasia. Trascorsa la settimana voleva prendere con sé Abba Andronico, ma egli non si lasciò convincere. «Morirò insieme a mia moglie»disse.
L’anziano lo salutò e riparti, ma prima che giungesse a San Mena lo raggiunse un fratello e gli disse: «Abba Andronico è malato». Mandò di nuovo a chiamare tutti i monaci di Scete e disse loro: «Venite, accompagnate abba Andronico». Vennero e lo trovarono vivo e ricevettero la sua benedizione. E si addormentò nella pace. Allora sorse una violenta contesa tra i padri di Octochedecaton e i monaci di Scete perché questi ultimi dicevano: «Questo fratello è nostro. Intendiamo portarlo a Scete perché le sue preghiere ci siano di aiuto» e parimenti i monaci di Octochedecaton dicevano: «Lo seppelliamo insieme a sua sorella». I monaci di Scete erano più numerosi. L’abate di Octochedecaton disse: «Faremo quello che dice l’anziano». L’anziano allora disse di seppellirlo lì. Ma i monaci di Scete non lo ascoltavano e dicevano: «L’anziano sta in alto, non teme la lotta; noi invece siamo più giovani e vogliamo il fratello. Vi basti di avervi lasciato abba Atanasio». L’anziano vedendo che ne era nato un grave tumulto disse ai fratelli: «Davvero non mi volete ascoltare e così anch’io resto qui e sarò sepolto insieme ai miei figlioli». Allora si calmarono e trasportarono il fratello in processione. Quindi dissero all’anziano: «Andiamo a Scete» ma egli disse loro: «Lasciatemi fare la settimana di lutto per il fratello». Ma non lo lasciarono.
Preghiamo dunque di poter giungere, grazie alle preghiere dei santi, alla misura di Abba Atanasio e Abba Andronico. Amen.
Tratto da: Detti inediti dei Padri del deserto, Qiqajon, 1986, pp. 256-261