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Marta Sordi: L’impero romano-cristiano al tempo di Ambrogio

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Marta Sordi
L’impero romano-cristiano al tempo di Ambrogio
Milano, Edizioni Medusa, 2000
Recensione a cura della presbitera Chiara Ruth Rantini

Marta Sordi, professore ordinario di storia greca e romana all’Università Cattolica di Milano, ha, da tempo, focalizzato il suo impegno di studiosa sulla tematica del rapporto tra cristianesimo ed impero romano. Questo piccolo volume, di cui vorremmo occuparci, pur coprendo un arco di tempo non molto ampio – i trent’anni compresi tra l’ascesa di Costantino al potere e il regno di Teodosio – riassume con chiarezza alcune tesi molto interessanti ed innovative.

Due di queste, le troviamo già espresse nel titolo, e sono: la definizione dell’impero come romano-cristiano e il posto di onore assegnato al vescovo Ambrogio nella congerie storica del tempo.

L’espressione Romanum imperium, quod Deo propitio christianum est, contenuta nel De gratia Christi di sant’Agostino, è rivelatore dell’avvenuto incontro tra la tradizione romana imperiale e la cultura cristiana. Ora, se per la parte orientale dell’impero, questo incontro si era concretizzato con la fondazione della nuova capitale Costantinopoli, fondazione avvenuta nel segno della cristianizzazione con il passaggio delle istituzioni politiche e militari sotto la protezione del nuovo credo, simboleggiato dall’inserimento di frammenti della Croce nella statua posta al centro del foro urbano, in Occidente, alla presenza di un Senato ancora fortemente affiliato ai sostenitori del paganesimo, questo processo non aveva avuto luogo. Dunque, occorreva designare una nuova capitale che potesse rendere possibile il sodalizio tra la fede cristiana e la fedeltà ai valori della sovranità romana. Valentiniano I scelse Milano ed elevò a simbolo del nuovo potere imperiale la corona e il morso forgiati con il ferro dei chiodi della Croce di Cristo, già vessillo vittorioso nella storica battaglia di Costantino al Ponte Milvio. La sovranità dell’impero avrebbe così ritrovato il novello vigore e la salda autorità che le erano mancate nell’oscuro periodo delle usurpazioni.

Ma torniamo alla designazione di Milano come capitale dell’impero. Nella città, infatti, risiedeva il vescovo Ambrogio che è da considerarsi una figura di gran rilievo nel processo di cristianizzazione della società romana. Proveniente dagli ambienti nobiliari e senatoriali, giunse al soglio vescovile per acclamazione popolare, dimostrando di essere uomo, oltre che di provata pietà, di grande moderazione ed abilità politica, dimostrata nella delicata vicenda della controversia ariana a Milano. Sant’Ambrogio ebbe un ruolo fondamentale nel fornire una lettura teologica delle vicissitudini dell’Impero romano-cristiano, soprattutto quando le polemiche, scatenate in seguito alle disfatte militari del IV e V secolo, cercavano di incolpare il cristianesimo e di minare, precisamente, la sua capacità di essere religione di stato. Per questo motivo, il vescovo Ambrogio respinse la tesi di chi voleva identificare il prestigio di Roma con la sua tradizione religiosa pagana; al contrario, il paganesimo, soprattutto nel periodo imperiale, aveva dimostrato di essere un elemento di pericolo per l’integrità dei costumi romani, sia dal punto di vista morale che politico, dato che perfino il culto della potestà imperiale aveva prodotto le aberrazioni di Nerone, di Caligola e di altri che, senza dubbio, non avevano favorito la prosperità ed il benessere dello stato. In realtà, il cristianesimo rappresentava l’elemento purificatore ed unificante della società civile, oltre ad essere in continuità con la tradizione dell’autentico mos maiorum di Roma. Ciò che sant’Ambrogio aveva pienamente compreso erano le vere ragioni della debolezza del paganesimo: esso, infatti, essendosi frantumato in una miriade di culti diversi, aveva perso la vitalità di un tempo e, perciò, non possedeva più la forza e l’autorità di guida sullo stato. Tuttavia, le disposizioni legislative di Graziano in ordine al rifiuto della carica di pontefice massimo e l’esaurirsi dei finanziamenti ai collegi sacerdotali pagani, ed in seguito il veto teodosiano di praticare i sacrifici e di accedere ai templi che non fossero quelli cristiani, finirono col decretare la morte del paganesimo. In seno alle controversie intellettuali, questo sopravvisse ancora qualche decennio, sinché non fu travolto dalla fine dell’impero d’Occidente sotto i colpi delle invasioni barbariche, il cui patrimonio culturale avrebbe apportato non poche trasformazioni al cristianesimo di Ambrogio e di Agostino.

Chiara Ruth Rantini (da La Pietra n. 3-4 2000 pp.34-36)


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